1. The Music of Lyra

Eudial scosse la testa, attonita, senza riuscire a capire in pieno le parole dell'uomo di fronte a lei.
- Se c'era qualcuno in quell'edificio, è impossibile che sia ancora vivo. - Ripetè il vigile del fuoco tristemente.
- Giles non può essere morto, è impossibile, era alla finestra solo pochi minuti prima... stava bene... -
- Mi dispiace. Con quella esplosione sarà difficile anche trovare dei resti, temo. -
Spike la sentì vacillare e la sostenne, abbracciandola stretta mentre Eudial iniziava a piangere, singhiozzando col viso contro il suo petto.
Le luci abbaglianti dei fari dei soccorritori illuminavano le macerie fumanti del palazzo crollato e il lampeggiare delle luci di ambulanze e mezzi di soccorso era quasi ipnotico.
Tera era seduta per terra, in disparte e piangeva in silenzio tenendo Valerius tra le braccia. Il gatto si sentiva il cuore a pezzi, ma continuava ad asciugarle le lacrime leccandogliele via dal viso.
- Non è colpa tua. - Le sussurrò. - Rupert Giles non avrebbe voluto vederti tormentare in questo modo. -
Tera non rispose, ma lo strinse più forte.
Eudial e Spike si avvicinarono a Xini, ancora stesa sul prato priva di sensi con due infermieri accanto a lei.
- Come sta? - Chiese il vampiro, preoccupato.
Uno dei due uomini alzò la testa e sorrise rassicurante.
- È solo svenuta. Ha respirato un po' di fumo, ma si riprenderà completamente. -
In quel momento la ragazza aprì gli occhi e si sollevò a sedere di scatto con un grido.
- Ripper! Eudial, dov'è?! Dov'è Ripper?! Sta bene? Non lo sento, non riesco a sentire la sua presenza! - Si rese conto del significato di quello che aveva detto e scoppiò a piangere. - No... Ripper... -

Giles aveva visto le fiamme che si avvicinavano sempre di più e il fumo acre che minacciava di soffocarlo e aveva nascosto il viso tra le braccia, cercando di ripararsi dal calore, pur sapendo di non avere scampo.
Il calore del fuoco gli scottava la pelle, ma l'Osservatore era scosso da brividi di terrore.
Una parte di sè sperava di perdere i sensi prima che le fiamme lo raggiungessero, mentre un'altra voleva restare cosciente fino all'ultimo, sfruttare fino in fondo il poco tempo che gli restava. Pensò involontariamente a Valerius, alla sua morte come essere umano. Anche lui era stato ucciso dalle fiamme e Giles si sentì triste per lui, incoerentemente visto che adesso era lui che stava per morire di una morte atroce.
Il pensiero di Valerius gli fece tornare in mente la magia, forse poteva usarla per uscire da quella situazione. Chiuse gli occhi provando a concentrarsi, ma qualcosa lo bloccava, impedendogli l'uso dei poteri e si ricordò della croce d'argento, sentendola calda sul petto.
Non poteva toglierla e l'amuleto vincolava i suoi poteri, bloccandoli completamente e causandogli fitte dolorose alla testa ogni volta che tentava di usarli.
Giles tenne gli occhi chiusi e cercò di resistere al dolore mentre tentava di aggirare il blocco, apparentemente senza successo. Fece un ultimo tentativo, cercando di usare il potere con tutte le sue forze.
Aveva l'impressione che qualcosa stesse per spezzarsi all'interno della sua testa, ma non gli importava: sarebbe morto in ogni caso, ucciso dal potere o dalle fiamme, quindi tanto valeva provare.
Improvvisamente qualcosa cedette e Giles si sentì attraversare la testa dal dolore più forte che avesse mai provato, seguito dalla sensazione di avere il naso e la bocca pieni di sangue, ma il calore dell'incendio sparì di colpo, sostituito dalla sensazione di cadere.
L'Osservatore si chiese se fosse morto, poi il suo corpo colpì con violenza l'asfalto impolverato di una strada di campagna e rotolò lungo un breve pendio erboso, fermandosi contro il tronco di un albero, e rimase immobile nell'erba tenera.

Lyra fece oscillare la cartellina che teneva in mano e al suo interno riga e squadra sbatterono l'una contro l'altra emettendo un rumore secco. La ragazzina si spinse una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio e continuò a camminare lungo la strada, immaginando che quel rumore ritmico fosse una parte degli accordi di una canzone che poteva sentire solo lei. Era tentata di mettersi a danzare al suono di quella canzone, ma non lo fece, se qualcuno l'avesse vista, l'avrebbero presa per matta. Già i compagni di scuola la prendevano in giro per la sua passione per la musica, chissà cosa avrebbero detto in quel caso.
Emise un breve sospiro, non voleva pensare alla scuola.
Anche quella giornata era stata disastrosa: si era distratta ad ascoltare i suoni della primavera che giungevano attraverso la finestra aperta e il professore l'aveva sgridata. Oltretutto i compagni continuavano a prenderla in giro e a isolarla.
Per fortuna anche per quel giorno era finita e lei era di nuovo sola con se stessa, libera di sognare e di godersi i piccoli miracoli della natura che si risvegliava.
Notò una chiocciola che strisciava sull'asfalto al lato della strada e la sollevò dal guscio con delicatezza.
- Ehi, ciao! - Disse rivolgendosi alla bestiolina. - Non sai che è pericoloso andare sulla strada? Ora ti metto nell'erba. -
Fece qualche passo e depose la chiocciola in mezzo a un ciuffo d'erba più alto degli altri, poi fece per proseguire la sua strada quando notò che poco più avanti l'erba era chiazzata di rosso.
Si avvicinò, incuriosita e si accorse che anche l'asfalto della strada era sporco di quello che sembrava sangue fresco.
Con un sospiro triste si disse che qualche auto doveva aver investito un cane o un gatto. Cercò il corpo, ma doveva essere finito nel frutteto accanto alla strada, più in basso di qualche metro e le chiome fiorite dei meli le impedivano di vedere il suolo. La ragazzina iniziò a scendere il pendio per vedere se poteva fare qualcosa. Sapeva che sua madre si sarebbe arrabbiata nel vedersi arrivare a casa l'ennesimo animaletto ferito, ma alla fine lo avrebbe accettato e l'avrebbe aiutata a curarlo.
Passò sotto il ramo curvo di un melo e si lasciò sfuggire un grido di paura: altro che animaletto, davanti a lei c'era un uomo svenuto, forse morto!
Lyra fu tentata di scappare via, ma si costrinse ad avvicinarsi. Si sfilò lo zaino dalle spalle e lo lasciò cadere a terra accanto alla cartelletta da disegno per essere pronta a correre via in caso di pericolo e si avvicinò esitante.
L'uomo doveva essere ferito gravemente, se non morto, perché era immobile a terra col viso sporco di sangue e l'erba vicino alla sua testa era anch'essa completamente intrisa di sangue. La ragazzina era terrorizzata, ma quell'istinto che la spingeva a raccogliere e curare cani e gatti investiti le fece appoggiare una mano sul collo di quello sconosciuto. Il cuore batteva ancora, si rese conto, e parte del terrore si dissipò, sostituito dalla determinazione ad aiutare quella persona ferita. Scattò in piedi e risalì il pendio in fretta, correndo lungo la strada, diretta verso la cabina telefonica che sapeva essere qualche centinaio di metri più avanti. Ansimando alzò la cornetta e compose il numero di emergenza, raccontando quello che aveva visto e spiegando con chiarezza la posizione del ferito. La voce dall'altro capo del filo la rassicurò dicendo che avrebbero inviato subito un'ambulanza e Lyra riattaccò il telefono, sollevata.
Si guardò intorno, incerta su cosa fare e preoccupata. L'uomo che aveva soccorso era chiaramente ferito in modo grave e forse sarebbe morto. La ragazzina si sentiva rabbrividire al pensiero di tornare da lui, ma si sentiva anche dispiaciuta per quello sconosciuto e si sentiva in colpa al pensiero di lasciarlo solo.
Tornò indietro lungo la strada e scese nuovamente lungo il pendio, inginocchiandosi a terra accanto al ferito, sollevata nel vedere che respirava ancora. Lo guardò meglio mentre aspettava l'ambulanza: a parte un polso fasciato non aveva ferite apparenti e tutto il sangue che si vedeva proveniva dal naso e dalla bocca dell'uomo. Lyra non sapeva se ciò fosse un bene o un male, ma sembrava aver smesso di sanguinare e la ragazzina cercò di pulirgli delicatamente il viso con un fazzoletto di carta facendo attenzione a non muovergli la testa; oltre che sporca di sangue, la pelle sembrava scottata e aveva tracce di fuliggine. Lyra notò un paio di occhiali nell'erba, miracolosamente intatti e li raccolse con delicatezza, mettendoseli cautamente in tasca. Molto probabilmente appartenevano allo sconosciuto e glieli avrebbe restituiti non appena si fosse ripreso. Sempre che riuscisse a sopravvivere. Le ragazzina non ne era tanto certa nel vederlo in quelle condizioni e ne fu dispiaciuta perché le sembrava una persona gentile.
Finalmente sentì una sirena che si avvicinava e corse su per il pendio per segnalare all'ambulanza dove si trovasse il ferito.