9. I'm Not a Hero

Giles posteggiò la macchina e lanciò uno sguardo alla bambina seduta sul sedile del passeggero. Herta sembrava assorta e l'Osservatore pensò che fosse preoccupata perché a casa di Donovan non avevano trovato nessuno.
- Stai tranquilla, probabilmente è in biblioteca. -
- Lo so. Papà lavora spesso tutta la notte. -
Giles si chiese se in quelle occasioni Herta restasse a casa da sola e la bambina sembrò quasi leggergli nel pensiero.
- A lui non importa niente di me. - Disse con amarezza. - Ieri non è nemmeno venuto a cercarmi. -
- Non dire così, sono certo che sarà felice di rivederti. Ieri avevo lasciato un messaggio alla bibliotecaria per avvisarlo che eri con noi per giocare con Lyra, per questo non è venuto a prenderti, sapeva che ti stavi divertendo. - Le rispose Giles mentre scendevano dall'auto per avviarsi verso la biblioteca, ma in cuor suo non ne era molto convinto.
- Lyra è tua figlia? -
- No, mia figlia è in Giappone. Per questo devo partire, per tornare da lei. - Rispose l'Osservatore, con una fitta di preoccupazione. Sperava con tutto il cuore che il messaggio di Mimete fosse solo una trappola, uno stratagemma per attirarli in Giappone. Non aveva paura di affrontare un nemico, ma il pensiero che Hope potesse essere in pericolo lo terrorizzava.
"Non avrei dovuto lasciarla sola." Pensò, sentendosi in colpa e non molto diverso da Donovan. Aveva fatto presto a giudicare l'archeologo come una persona sgradevole ed egoista, ma lui quanto era diverso?
Quante persone aveva abbandonato o ferito nel corso della sua vita?
E lo stava facendo di nuovo.
Si sentiva in colpa nei confronti di Sofia anche se lei non glielo faceva pesare in alcun modo.
- Papà non c'è. -
La voce di Herta lo riscosse dai suoi pensieri.
- Uh... cosa? -
- Papà non è nel suo ufficio. -
- Vieni, chiediamo alla bibliotecaria. -
La ragazza gli spiegò che la sera prima, quando era andata a casa, il professore stava ancora lavorando nel suo ufficio, ma quella mattina non si era ancora presentato.
- E' strano, - disse - di solito il professor Donovan arriva sempre in anticipo. A volte, quando era il mio turno di aprire la biblioteca, lo trovavo seduto sui gradini davanti alla porta che leggeva uno dei suoi testi e aspettava per poter entrare. Alla fine gli ho dato una copia delle chiavi così può entrare e uscire quando vuole. Stamattina la porta era chiusa a chiave, quindi deve essere uscito dopo che me ne sono andata. -
Gli occhi di Herta si riempirono di lacrime.
- Non ha dormito a casa... E' andato via? Mi ha abbandonata ora che ha ritrovato la sua prima figlia? -
- Non dire sciocchezze, sono certo che tiene moltissimo a te. Vedrai che tra poco sarà qui, andiamo ad aspettarlo nel suo studio. -
Giles chiese alla bibliotecaria di avvisarlo se Donovan avesse chiamato e si diresse verso l'ufficio privato dell'archeologo.
Herta prese un libro e si lasciò cadere su una poltrona con aria infelice, mentre l'Osservatore esaminò la scrivania. Notò che il libro che aveva portato a Donovan era appoggiato con cura da una parte, mentre un fascio di fogli stampati e spillati insieme era posato al centro della scrivania. Un foglietto adesivo giallo era attaccato sulla prima pagina e Donovan vi aveva scritto a penna il nome dell'Osservatore.
Giles prese i fogli, staccò l'appunto ed esaminò la traduzione.
Lesse la prima pagina, poi sfogliò tutto il fascicolo rapidamente, leggendo qualche riga qua e là mentre il suo stupore cresceva.
Aveva pensato che Donovan avrebbe tradotto solo qualche pagina, ma, a quanto pareva, aveva finito il lavoro in una sola notte.
L'Osservatore sedette alla scrivania e iniziò a leggere. Tera ed Eudial avevano avuto una fortuna enorme a trovare quel testo, molto più grande di quanto non avesse potuto immaginare: il libro descriveva in maniera dettagliata le cerimonie e gli incantesimi dei Lug, compresa l'ubicazione dei vari santuari e le regole dell'ordine. Con quelle informazioni, probabilmente sarebbe riuscito a salvare Seihoshi e forse a trovare un modo di liberare Xinuxunil.
Ma per il momento non c'era tempo di fare nulla. L'aereo per il Giappone sarebbe stato pronto a partire prima di sera e prima di allora aveva molte cose da fare.
Per prima cosa fotocopiò la traduzione in più copie e si affrettò a spedirlo alle varie sedi del Consiglio degli Osservatori perché fosse conservata al sicuro anche se a lui fosse successo qualcosa.
Quell'idea lo fulminò: e se i Lug avessero scoperto in qualche modo che Donovan stava traducendo quei documenti?
Scartò subito l'ipotesi. Se i Lug avessero avuto a che fare con la sparizione dell'archeologo, non avrebbero lasciato in bella vista libro e traduzione, ma li avrebbero distrutti.
Herta continuava a seguirlo passivamente, ma sembrava tanto triste che Giles si chiese cosa avrebbe potuto fare per distrarla un po'.
Salendo in macchina notò una coda pelosa che sporgeva da sotto il sedile e si chinò a raccogliere Valerius che era rimasto a dormire in quel punto per tutto il tempo.
- Ecco dov'eri! - Disse Giles sorridendo al gatto mezzo addormentato. - Capiti a proposito. -
Valerius sbadigliò, assonnato, chiedendosi cosa intendesse dire l'Osservatore, ma lo capì subito quando l'inglese lo mise fra le braccia di una bambina bionda dall'aria triste e imbronciata.
- Lui è Valerius. -
- E' il tuo gatto? -
- Sì. -
- Ha l'aria stupida. -
Giles scoppiò a ridere, mentre Valerius accennò a soffiare, ma cambiò idea nel notare lo sguardo dell'Osservatore.
"E va bene," pensò "facciamo ridere la mocciosa."
Finse di dare la caccia a una mosca immaginaria saltando in modo volutamente goffo sul cruscotto dell'auto, poi si inseguì la coda e infine tornò a saltare in grembo a Herta, girandosi sulla schiena per farsi grattare la pancia.
La bambina dischiuse la labbra per un attimo, poi represse il sorriso e si forzò a tornare seria, come se si vergognasse a mostrare un'emozione che non fosse tristezza o rabbia e ritrasse la mano che aveva allungato per accarezzare il gatto.
- Non me ne importa niente di questo sacco di pulci. Voglio papà. - Disse e iniziò a piangere.
Valerius la guardò perplesso.
- Wow, questa ragazzina è gentile quasi quanto Tera. - Miagolò sarcasticamente.
- E' sua sorella. -
- Eh?! L'altra notte non mi hai raccontato proprio tutto, vero? -
- Non è colpa mia se ti sei addormentato. -
Valerius stava per rispondere, ma la voce di Herta lo interruppe.
- Parli col gatto? - La bambina fissava Giles con aria inorridita.
L'Osservatore sorrise imbarazzato.
- Molte persone parlano con i propri animali. E' normale... -
- No che non lo è! Voglio il mio papà, non voglio restare con un pazzo che parla a un gatto di cose senza senso! - Gridò scoppiando a piangere ancora più forte.

Seihoshi scese dalla barca e ringraziò con un sorriso smagliante il marinaio che l'aveva aiutata ad attraversare la passerella. Earh Donovan la afferrò per un polso e la strattonò bruscamente, trascinandola verso un negozio di souvenir sul lungo porto.
- Ehi, così mi fa male! -
- Credo che i Lug ci faranno molto più male se ci trovano e se continui a farti notare in questo modo lo faranno di sicuro. -
- E cosa avrei fatto per farmi notare, esattamente?! -
- Ma non te ne accorgi nemmeno?! Ti stai comportando da diva famosa, sorridendo in quel modo a chiunque e poi non puoi andartene in giro vestita da dea greca! Attiri troppo l'attenzione. -
- Io sono famosa. E probabilmente ero pure una dea. - Ribatté Seihoshi acidamente, ma in cuor suo doveva ammettere che il professore non aveva tutti i torti: il vestito che le avevano dato i membri del Lug era piuttosto vistoso, una specie di tunica di stoffa bianca iridescente fissata su una spalla da una spilla d'oro con il simbolo di Xinuxunil.
Lasciò che Donovan le comprasse una t-shirt dall'aria pacchiana col disegno di un faro sul mare e la scritta "Souvenir dell'Argentario" stampata in lettere dorate, una gonna pareo decorata con una fantasia banale e un cappellino di cotone floscio un po' troppo grande per lei, ma che le copriva in parte capelli e viso.
Donovan la osservò con aria critica.
- Meglio, ma i capelli si notano ancora troppo, dovresti tagliarli. -
- Se lo scordi! Se facessi una cosa del genere allora dovrebbe temere i miei fan e non i Lug. -
- Legali allora. -
- E secondo lei cosa sto facendo?! - Seihoshi finì di raccogliere i capelli in una treccia e guardò Donovan con aria di sfida, ma il professore stava già uscendo dal negozio e dovette affrettarsi a seguirlo.
Raggiunsero il parcheggio senza problemi e Donovan avviò l'auto e si costrinse a guidare rispettando i limiti di velocità mentre si allontanava dall'Argentario.
Per quanto lo riguardava avrebbe solo voluto fuggire da quel posto a tutta velocità, ma non poteva permettersi di attirare l'attenzione.
Come gli era venuto in mente di dare retta alle istruzioni trovate in quel libro antico, si chiese. La sua curiosità era stata fin troppo appagata e ora si trovava in un guaio più grande di lui.
Se quello che era scritto in quel libro era vero, e ormai era quasi certo che lo fosse, aveva buone probabilità di essere ucciso e sacrificato a una dea azteca. Se non lo era, in ogni caso si era andato a immischiare in un caso di rapimento e rischiava di fare lo stesso una brutta fine.
Lanciò uno sguardo Seihoshi, ma la ragazza sembrava perfettamente tranquilla e guardava i campi di girasole fuori dal finestrino e quella serenità lo irritò ancora di più.
- Come diavolo fai a restare tanto calma quando una banda ti pazzi scatenati ti sta cercando? -
- Se Rupert ha mandato lei a salvarmi vuol dire che lei è in grado di proteggermi. A proposito, come mai non è venuto di persona? -
- Perché non mi ha mandato lui. -
Seihoshi lo guardò spaventata e Donovan attese apposta qualche secondo prima di raccontarle la verità.
"Ora non sei più tanto tranquilla, eh?" Pensò, con un senso di soddisfazione nel vederla preoccupata.
- Chi è lei? Cosa vuole da me? -
- In questo momento vorrei solo non averti mai incontrata ed essere rimasto a tradurre i miei testi antichi nella pace del mio studio. -
- Ha detto che veniva da parte di Rupert! Mi ha mentito?! -
- Rupert Giles mi ha chiesto solo di tradurre questo, - disse lanciandole in grembo il fascio di fogli della traduzione - poi io sono stato tanto stupido da seguire le istruzioni per giungere al santuario dei Lug. -
Seihoshi sfogliò il fascicolo, accigliata.
- Quindi lei non è allenato al combattimento, alla magia o cose del genere? -
- Di solito "combattimento, magia e cose del genere" non sono materie che fanno parte del corso di studi di un archeologo. Anzi, mi chiedo cosa abbia a che fare con i Lug uno studioso come Rupert Giles. -
- Questo non lo so di preciso nemmeno io, ma Rupert non è un semplice accademico come lei. Credo che quello che fa davvero sia molto più importante di quanto immaginiamo. -
- Allora se è tanto importante chiamalo e digli che ti venga a prendere così in caso i cultisti faranno la pelle a lui e non a me. -
- Lo farei molto volentieri, se non temessi che i Lug lo tengano sotto controllo. Quando siamo venuti a Roma ci hanno trovati subito e non vedo come avrebbero potuto farlo visto che siamo arrivati con un volo privato. -
- Allora cosa proponi? Senza offesa, ma preferirei liberarmi di te prima di finire ammazzato. -
Seihoshi fece per rispondergli a tono, ma lo sguardo le cadde sullo specchietto retrovisore e fissò una macchina bianca che aveva l'impressione di aver già visto qualche chilometro prima.
- Quell'auto lì non era dietro di noi anche poco fa? Crede che ci stia seguendo? -
- Non ci ho fatto caso, ma ci sono centinaia di macchine che fanno questa strada ogni giorno, potrebbe essere solo un caso. -
Donovan guardò lo specchietto, a disagio, e decise di mettere alla prova la teoria di Seihoshi: al primo cartello che segnalava una stazione di servizio, mise la freccia a destra, come per fermarsi al distributore. Rallentò, come per fermarsi davanti alle pompe di benzina e vide dallo specchietto retrovisore che anche la macchina bianca stava entrando nel piazzale del distributore. Donovan accelerò nuovamente e tornò a immettersi nell'autostrada, sempre seguito dall'auto bianca.
Tenne premuto l'acceleratore e superò alcune auto a tutta velocità.
Seihoshi lo guardò allibita.
- Se corre in questo modo non serviranno i Lug per ammazzarci! -
Donovan le lanciò il cellulare spento.
- Accendilo e chiama Rupert Giles. Tanto ormai sappiamo che i Lug ci stanno seguendo, anche se rintracciassero la chiamata non importa più. -
La ragazza accese il telefonino e guardò preoccupata il paesaggio che sfrecciava accanto a loro.
- E' sicuro di essere in grado di guidare a questa velocità? -
- Ho letto abbastanza sui Lug per sapere che non voglio morire per mano loro. Se devo morire preferisco schiantarmi contro un camion che non essere torturato per mesi. Inoltre se guido in questo modo, prima o poi la polizia cercherà di fermarmi e spero che i Lug non siano tanto folli da ammazzarci davanti agli occhi degli agenti. Ora piantala di blaterare e telefona al tuo super eroe, preferirei che fosse lui a occuparsi dei cultisti cattivi, soprattutto se l'alternativa è quella di morire ammazzato o finire in galera. -
Seihoshi compose il numero.