01. My Island of Peace

La pioggia batteva sui vetri, nascondendo alla vista gli edifici di fronte alla biblioteca, ma le due ragazze chine sui libri sembravano non accorgersene. Il cucciolo di drago invece era affascinato dal rumore delle gocce che colpivano ritmicamente i vetri e stava alla finestra, col muso premuto contro il vetro e le ali frementi di eccitazione distese dietro di lui.
- Tera, - disse Eudial, alzando la testa dai libri e notando Midnight alla finestra, - credi che sia prudente lasciarlo lì? Potrebbero vederlo. -
- Chi vuoi che si metta a guardare fuori con questo diluvio? - Rispose Tera con noncuranza, ma si alzò lo stesso per andare a prenderlo.
Prese in braccio il cucciolo e tornò verso il tavolo, ma si fermò con un gridolino di sorpresa e quasi lasciò cadere Midnight.
Eudial posò di nuovo il libro e la guardò.
- Che c'è? -
Tera appoggiò sul tavolo il draghetto e sorrise, un sorriso incredulo e quasi esitante.
- Credo... credo che il bambino mi abbia appena dato un calcio... -
Eudial sorrise, ma non disse nulla: era raro che Tera mostrasse in quel modo le sue emozioni e lei sapeva che se glielo avesse fatto notare sarebbe tornata a chiudersi in se stessa. Invece spostò Midnight dal libro che stava leggendo e lo guardò stupita.
- E' diventato pesante. Sta crescendo anche lui... -
- Ormai non entra più in uno zainetto, tra un po' sarà difficile portarlo in giro senza farsi notare. -
- Potrebbe essere un problema, in effetti. Come faremo a portarlo in giro senza scatenare il panico? -
- Anche perché credo che senta il bisogno di muoversi e volare, diventa più irrequieto ogni giorno. -
Tera afferrò al volo la lampada che Midnight aveva appena spinto giù dalla scrivania ed Eudial mordicchiò una matita con aria assorta.
- Forse potremmo dargli un altro aspetto con un incantesimo, ma non so come... Giles saprebbe come fare. -
Un velo di tristezza sembrò calare sulle due ragazze.
- Credi che stia bene? - Chiese Eudial, preoccupata. - Ormai sono tre giorni che è andato via... -
- Lo spero. Del resto se fosse nei guai credo che lo sapremmo. Hai letto di disastri apocalittici sul giornale? -
- Non mi pare. -
- Allora va tutto bene, direi. Forse è meglio tornare a leggere questo ammasso di libri polverosi. - Sospirò Tera con un'aria disgustata. Aveva sempre disdegnato la magia e tutto ciò che la riguardava, ma ora che non se la sentiva di mettere in pericolo il suo bambino combattendo e che Giles non era con loro, cercare informazioni sull'essere che minacciava Tokyo era l'unica cosa che potesse fare.
- Ehi! Lascialo stare! - Gridò a Midnight che si era arrampicato su uno scaffale e stava addentando il dorso di un libro dall'aria antica e costosa. - Non ho alcuna voglia di spiegare al Consiglio perché i loro preziosi libri sono ridotti a brandelli! -
Si avvicinò al draghetto e lo afferrò per la coda tirandolo giù e si scostò di scatto per evitare di prendere in testa i pesanti libri a cui Midnight si era aggrappato.
- Lucertolone cattivo! - Lo rimproverò Tera senza lasciargli andare la coda e scuotendolo leggermente. Midnight si agitò e le sfuggì dalle mani per andare a rifugiarsi dietro una poltrona con aria colpevole.
Tera si chinò a raccogliere i libri che erano caduti ed Eudial si alzò per aiutarla e cercare di rimediare ai danni. Cadendo, alcune pagine si erano staccate dagli antichi libri e le due ragazze cercarono di rimetterle a posto nella speranza che gli Osservatori non se ne accorgessero. Per un po' lavorarono in silenzio, poi Eudial notò un disegno minuscolo in un angolo di una delle pagine e si lasciò sfuggire un grido.
- Guarda! E' il simbolo di Xinuxunil! Non riesco a capire in che lingua sia scritto, ma credo che parli dei Lug! -
Tera guardò la scrittura antica, ma anche per lei era incomprensibile.
- Credo che dovremmo contattare il fallito. So che vuole essere lasciato in pace, ma questo sembra importante... -
- Forse potremmo chiedere ad Anya, prima. Lei era un demone, forse conosce questa lingua antica. -
Tera annuì ed Eudial prese il cellulare e compose il numero di casa loro, sapendo che in loro assenza la ex-demone si trasferiva lì per occuparsi della casa e degli animali. Attese un po' senza ottenere risposta e riprovò col numero del negozio.
- Strano, non risponde. Riproverò più tardi, altrimenti chiameremo Giles. -

Sofia appoggiò il vassoio con le tazze fumanti sul tavolino di vetro e sedette sul divano accanto a Giles restando in silenzio. Da quando era arrivato non avevano parlato molto, lui era costantemente assorto in pensieri che non dovevano essere molto piacevoli a giudicare dalla sua espressione, ma sembrava provare sollievo quando Sofia gli stava vicino. La donna intuiva che prima o poi si sarebbe confidato, non sarebbe venuto da lei altrimenti, e si limitava restargli accanto pazientemente.
La reazione di Lyra l'aveva un po' preoccupata: quando Sofia le aveva detto che Rupert Giles era tornato a trovarle, la ragazzina non le aveva fatto domande, anzi sembrava quasi che non avesse sentito le parole della madre, ma aveva fatto attenzione ad evitare accuratamente di incontrare l'Osservatore, come se non fosse esistito.
- Non sarei dovuto venire qui. - Disse Giles tristemente, come se avesse potuto leggerle nei pensieri. Sofia si sorprendeva sempre del modo in cui l'uomo era in grado di capire quando era preoccupata e un tempo questa sua sensibilità aveva contribuito a farla innamorare di lui.
Doveva stare attenta, continuava a ripetersi, non doveva lasciar risvegliare quei sentimenti. Sarebbe stato molto semplice, lo sapeva, ma non era saggio. Giles poteva volerle bene e provare sentimenti anche forti per lei, ma la sua anima non le sarebbe mai appartenuta.
Gli porse una tazza di the e gli sfiorò appena le mani quando lui la prese.
- Però lo hai fatto. -
- Sì. -
- Sono felice di vederti, Rupert. Mi sei mancato. - Disse sinceramente e Giles sorrise.
- Sei sempre diretta come un tempo, vedo. -
- Alla mia età sarebbe stupido non esserlo. Se le cose sono chiare fin da subito è più difficile farsi male. -
- Parli come se fossi una vecchietta raggrinzita, invece sei sempre molto bella. -
La donna lo guardò divertita.
- Smettila di prendermi in giro, Rupert Giles! Piuttosto dimmi cosa ti ha portato qui. -
- Guarda che ero sincero anche io. - Disse con un leggero sorriso, poi tornò serio nel pensare a ciò che lo angosciava. - Non lo so, Sofia. -
La donna gli carezzò un braccio in un gesto di incoraggiamento e attese che fosse lui a continuare.
- Sono così confuso ultimamente... Non so cosa fare e ho l'impressione che ogni mia possibile azione non porterà ad altro che dolore. Avevo bisogno di trovare un po' di calma per riflettere e capire cosa devo fare e l'unico posto che mi veniva in mente quando pensavo alla pace e alla tranquillità era questo. -
Sofia lo guardò, sorpresa. Non aveva immaginato una risposta del genere.
- Vieni con me. -
Ora fu Giles a stupirsi.
- Dove? -
- Lungo il fiume. -
- Ma sta diluviando... -
La donna lo afferrò per un polso sorridendo e lo tirò verso la porta di casa.
- E allora? Non fa freddo e poi esistono gli ombrelli. -
Giles la seguì senza protestare e mentre camminavano attraverso il prato iniziò a capire perché Sofia lo avesse costretto a uscire.
Non se ne era reso conto prima, ma sentiva il bisogno di liberarsi l'anima dal peso che l'opprimeva e sarebbe stato più semplice farlo lì fuori, mentre anche gli elementi gridavano la loro furia.
Sembrava quasi che il vento e la pioggia piangessero la perdita di Xini al pari della sua anima. Da quando lei era andata via, quei sentimenti si erano agitati dentro di lui in cerca di uno sfogo, ma lui li aveva repressi, si era rifiutato di riconoscerli ed essi erano cresciuti, opprimendolo e tormentandolo molto di più di quanto avesse potuto immaginare.
Ora, sotto la pioggia battente e con Sofia al suo fianco, il suo dolore riuscì finalmente a liberarsi e Giles si rese conto che erano le lacrime e non la pioggia a bagnargli il viso.
Si arrese, rinunciando del tutto a trattenere la sua sofferenza e si strinse a Sofia singhiozzando disperatamente.
La donna lasciò cadere l'ombrello e lo abbracciò stretto lasciando che si sfogasse.

Mimete corse a perdifiato lungo la strada. Dopo che la creatura le aveva strappato i poteri, non riusciva più a sentire la sua presenza e aveva l'impressione che quell'essere malvagio si annidasse dietro ogni angolo, pronto a ghermirla.
Tutti gli esseri oscuri di Tokyo sembravano pieni di potere da quando lei e Hope avevano aperto il portale e nelle notti passate la ragazza era sfuggita alle aggressioni di vampiri e demoni. Per fortuna quegli esseri non sembravano particolarmente interessati a lei e quando Mimete era fuggita, non l'avevano inseguita.
Da quando era fuggita dal centro commerciale non aveva fatto altro che scappare, ma non sapeva dove andare.
Quando Ethan l'aveva riportata in vita i Death Busters non esistevano più e ora anche l'inglese sembrava svanito nel nulla. E poi Hope, la sua unica amica, era stata presa da quella cosa mostruosa!
Mimete desiderò intensamente di poter far qualcosa per aiutarla, ma cosa poteva fare lei da sola e senza poteri?
Un'idea le balenò in mente, ma in un primo momento la scartò. Secondo Ethan, il padre di Hope conosceva la magia
. Forse Rupert Giles avrebbe potuto fare qualcosa per salvare la figlia, ma avvicinarsi a lui avrebbe significato doversi avvicinare a Eudial e la sua ex-collega l'avrebbe sicuramente uccisa...
Cosa poteva fare?
Non aveva nessun posto dove andare e prima o poi si sarebbe imbattuta in un demone o in una guerriera sailor e sarebbe morta. Che differenza poteva fare se era Eudial a ucciderla? Forse sarebbe riuscita a parlare col padre di Hope prima che ciò avvenisse.
Mimete iniziò a correre verso casa di Giles.
Non si fermò finché non ebbe raggiunto la porta e si costrinse a bussare prima di cambiare idea.
Chiuse gli occhi, temendo che Eudial venisse ad aprirle, ma li riaprì nel sentire una voce sconosciuta che si rivolgeva a lei.
- Sei il tecnico del telefono? - Chiese Anya guardandola. - Sono tre giorni che tutte le linee sono isolate, era ora che mandassero qualcuno! -
- N-no... - Balbettò Mimete. -Vorrei parlare con Rupert Giles... Sono un'amica di Hope. -
- Non mi sorprende che quella ragazzina stia sempre in giro se ha delle amiche così strane. Da quando suo padre è partito non sono riuscita a trovarla a casa nemmeno una volta... -
- Il signor Giles è partito? - Ripeté Mimete ricordandosi improvvisamente che Hope era arrabbiata con lui proprio per quel motivo. - Ma io devo trovarlo... E' importante! -
- Non saprei proprio come contattarlo, visto che i telefoni non funzionano... Nemmeno i cellulari! - Disse Anya, brusca, poi si accorse che quella strana ragazza bionda aveva le lacrime agli occhi e che sembrava esausta e con l'abito a brandelli. - Beh, intanto entra in casa. Sembra che tu stia per morire di fame. -