23. I Was. I Am. I Will Be.

Seihoshi allungò una mano a sfiorare la strana barriera luminosa che attraversava il vano della porta come un velo iridescente e saltò indietro nel sentire la forte scossa.
Com'era possibile una cosa del genere? Sembrava quasi una magia, ma come poteva credere a una cosa del genere?
"E i draghi allora?" Le disse una vocina nella mente. "Puoi credere a grossi rettili alati che svolazzano per casa e non credi alla magia?"
E tutte le cose strane che gravitavano intorno a Rupert Giles?
In un certo senso aveva sempre saputo che c'era molto di più di quello che poteva vedere, ma vigliaccamente aveva fatto finta di non vedere nulla per non essere costretta a guardare in faccia una realtà che la spaventava.
Beh, ora era spaventata.
Forse era il momento adatto per venire a sapere la verità.
Sedette sul bordo del soffice materasso coperto da lenzuola di candida seta e guardò fuori dalla "finestra", una fessura irregolare nella roccia, anch'essa sbarrata da quella specie di barriera magica.
Poteva vedere solo fronde verdi, ma nell'aria fresca poteva sentire il profumo salato del mare.
Cercò di ricordare ogni dettaglio che potesse farle intuire cosa stava succedendo e iniziò a compilare una lista.
Prese un'elegante penna d'oro e la guardò per un attimo prima di premerla sulla carta: quella gente, i Lug, così li aveva chiamati Rupert, le avevano dato qualsiasi cosa avesse chiesto e la trattavano con rispetto, quasi con adorazione, ma non rispondevano alle sue domande e non la lasciavano uscire da quella stanza scavata nella roccia. Si concentrò e iniziò a scrivere.

1) I Lug sembrano adorare una dea antica che chiamano Sacra Stella dei Desideri o Xinuxunil
2) Uno di loro ha detto che io sono "nata dalla dea"

Si interruppe mordicchiando la penna riflettendo sulla seconda frase. Cosa voleva dire "nata dalla dea"? Forse aveva a che fare con qualcosa successo prima della sua amnesia? Anche quello era un mistero su cui riflettere.

3) Chi ero io prima dell'amnesia?
4) Sapevo qualcosa di questa storia?
5) Cosa mi è successo per perdere la memoria?


Rupert Giles lo sapeva di sicuro, ma le aveva detto che sapere la verità la avrebbe fatta soffrire.

6) Rupert ha detto che amava "la persona che ero". Sono così diversa ora?

Smise di nuovo di scrivere per riflettere su quel punto. Perché Giles era stato così sicuro di non poterla amare più? E come era possibile che guardasse con palese tristezza uno strano medaglione, glielo aveva visto fare più volte, ma fosse in grado di guardare lei negli occhi senza problemi.
Si irrigidì ricordando il medaglione e scrisse qualche altro rapido appunto.

7) Il medaglione di Rupert è identico a quello che portano al collo i Lug.
8) Che Rupert sia anche lui un seguace della dea?

No, quello poteva escluderlo. Quando avevano incontrato i Lug la notte precedente, Rupert li aveva guardati con odio. E poi Seihoshi sentiva di potersi fidare di lui.
Rilesse la lista ed ebbe la sensazione che se fosse riuscita a rispondere alla terza domanda anche le altre avrebbero trovato una risposta.
Ma come avrebbe potuto scoprirlo? Tutto ciò che sapeva di come era stata prima dell'amnesia erano le sue canzoni, i ritagli di giornali scandalistici che parlavano di lei e qualche registrazione delle trasmissioni.
Tutte cose che aveva esaminato più volte in passato senza scoprire altro che la sua relazione con Rupert Giles.
Frugò nella borsa e tirò fuori un lettore mp3. Prima di partire per l'Italia vi aveva inserito tutte le sue vecchie canzoni per poterle risentire se ne avesse avuto bisogno mentre componeva le nuove.
Indossò gli auricolari e cercò le canzoni del suo primo album in cerca di indizi.
Improvvisamente si rese conto di una cosa assurda e si chiese come avesse fatto a non notarlo prima. Le sue prime canzoni erano quasi tutte in lingue antiche: azteco, egiziano, sumero, e così via.
Lei sapeva esattamente il significato delle parole di quelle canzoni, ma non aveva la più pallida idea di come ciò fosse possibile visto che, a parte le frasi citate nelle canzoni, non conosceva una sola parola di quelle lingue.
Visualizzò sul display del lettore le immagini delle copertine dei suoi cd e capì che si stava avvicinando alla verità: sulla copertina del suo primo cd appariva lo stesso simbolo del medaglione e il titolo dell'album era "Wishing Star", stella dei desideri.
Non era così che i Lug chiamavano la loro dea?
Sgranò gli occhi quando lo sguardo le cadde sul suo nome sotto al titolo del cd.
Sachino Seihoshi.
In giapponese significava "Sacra Stella dei Desideri".
Si guardò allo specchio: lei chiaramente non era giapponese, i capelli rosso chiaro, quasi biondi e gli occhi verdi lo dicevano chiaramente. Perché allora aveva un nome giapponese?
Un nome d'arte? Era possibile, ma di solito i veri nomi di attori e cantanti si venivano a sapere lo stesso e comunque amici e familiari avrebbero dovuto usare il nome vero, invece Rupert Giles, Eudial, Spike e Tera l'avevano sempre chiamata Seihoshi.
O forse no... Aveva un vago ricordo confuso, quasi un sogno, di quando aveva riaperto gli occhi e si era trovata davanti il viso di Giles. Lei aveva iniziato a canticchiare, non riusciva a fare altro in quel momento, e lui le aveva detto qualcosa.
In un primo momento non aveva capito, poi lo aveva relegato in un angolo della mente perché non era importante, ma il ricordo c'era ancora e la ragazza chiuse gli occhi e lo lasciò riaffiorare.
"Tu sei Sachino Seihoshi, non e` vero? Solo Seihoshi e non più la mia Xini..."
Xini.
Ora ne era certa, Rupert Giles l'aveva chiamata così solo in quell'occasione e poi non era più successo, ma gli altri ogni tanto avevano esitato prima di chiamarla Seihoshi, come se quello non fosse il nome con cui erano abituati a chiamarla.
Era un nome insolito, sembrava quasi un soprannome...
- Ma certo! - Gridò. - Xini è l'abbreviazione di Xinuxunil! -
Si guardò allo specchio mentre questa rivelazione affondava lentamente nel suo cervello, ma quando riuscì a comprenderne pienamente il significato, iniziò a tremare.
- Questo... questo vuol dire che Xinuxunil ero io? - Sussurrò, sfiorando il suo riflesso nello specchio con un dito.

Sofia finì di riporre i piatti del pranzo nella lavastoviglie e controllò i quaderni con i compiti che Lyra aveva fatto prima di uscire per andare a lezione di canto. La donna sorrise, la ragazzina era così contenta di quelle lezioni ed era felicissima di aver potuto incontrare altre coetanee che amassero la musica quanto lei. Anche il suo profitto a scuola era migliorato ora che era più serena e che aveva degli amici. Anche questo lo doveva a Rupert Giles e a tutto quello che aveva fatto per loro, si disse Sofia, grata.
La donna finì di correggere i compiti della figlia, poi prese una giacca leggera e uscì per andare a fare la spesa.
Aprì la porta e si pietrificò nel vedere l'uomo che era di fronte a lei. Non era possibile, era come se l'oggetto dei suoi pensieri di poco prima si fosse materializzato per magia davanti a lei.
- Shad?! - Disse, incredula e Giles le sorrise.
- Ciao Sofia. -
La donna notò la tristezza e l'angoscia nell'espressione dell'Osservatore e ciò la convinse che non stava sognando.
- Sei proprio tu. - Gli disse dolcemente.
- Ho visto Lyra uscire di casa... E' cresciuta. -
- Da quanto sei qui? Perché non hai suonato? -
- N-non ne avevo il coraggio. Non ho il diritto di piombare qui e turbare la vostra vita... -
Sofia lo interruppe abbracciandolo.
L'Osservatore si aggrappò a lei quasi con disperazione e solo in quel momento Sofia si rese conto di quanto fosse profonda la sua sofferenza.
- Rupert? - Lo chiamò e Giles trasalì nel sentire il suo nome. - Cosa ti è successo? -

Mimete guardò i segni tracciati sul pavimento di marmo della piazza del nuovo centro commerciale e per un attimo si chiese come avesse fatto Ethan a farle entrare in quel posto prima che fosse inaugurato. L'edificio era deserto e lei e Hope avevano seguito alla lettera le istruzioni di Ethan per tracciare quel complesso disegno utilizzando un denso liquido rosso che aveva l'aspetto e l'odore del sangue fresco.
La ragazza rabbrividì: c'era qualcosa in quella situazione che la rendeva inquieta e aveva l'impressione che quello che stavano facendo fosse più pericoloso di quello che volevano fare i Death Busters.
Quel pensiero la fece scoppiare a ridere. I Death Busters volevano distruggere quel pianeta, come poteva l'apertura di un semplicissimo portale essere peggio di quello?
Ethan non avrebbe mai chiesto loro di fare qualcosa che le potesse mettere in pericolo, si disse. Lui teneva a loro: non l'aveva forse riportata in vita e non le aveva comprato un sacco di bei vestiti?
Non si era nemmeno arrabbiato con lei quando gli aveva confessato che il suo tentativo fallito di attaccare Eudial mettendole una bomba nell'auto aveva quasi fatto saltare in aria il suo amico inglese. Ethan si era solo messo a ridere e aveva detto che avrebbe voluto vedere la faccia di Ripper.
Mimete finì di tracciare il suo lato del disegno e fece un gesto di saluto a Hope che anche lei aveva finito il suo compito dall'altra parte della piazza. La ragazzina le sorrise, felice. Entrambe non vedevano l'ora di completare quella magia complicata per poi poter andare insieme al concerto che aspettavano tanto. Nessuna delle due aveva mai avuto un'amica del cuore ed entrambe continuavano a sorprendersi di quanto fosse divertente andare in giro per negozi o ai concerti insieme.
- Avete finito? - Chiese Ethan esaminando il disegno con aria compiaciuta. Corresse un simbolo e raddrizzò un tratto, ma per il resto il risultato era soddisfacente. - Ora andatevi a cambiare e poi potremo cominciare. -
Le due ragazze obbedirono prontamente e si diressero verso i camerini di quello che sarebbe stato un negozio di abbigliamento, dove Ethan aveva disposto con cura gli abiti cerimoniali che avrebbero dovuto indossare per l'evocazione.
Mimete si vestì in fretta e si ammirò nello specchio, deliziata dal contrasto che i suoi capelli biondi formavano con la lunga veste nera. Uscì dal camerino e rimase a guardare Hope a bocca spalancata: la ragazzina era completamente vestita di bianco e la veste candida la faceva sembrare più giovane e innocente, quasi una bambina e Mimete si sentì nuovamente a disagio.
- Guarda Mimi,- disse Hope allegramente - sembro una sposa! -
- In Giappone il bianco è il colore dei morti. - Rispose Mimete , sorprendendosi lei stessa di quelle parole.
Hope scoppiò a ridere, per nulla preoccupata da quel commento macabro.
- Ma dai, Mimi, smettila di prendermi in giro! Ora andiamo, Ethan ci aspetta. -
Le due ragazze presero posto al centro dell'elaborato disegno che avevano tracciato e l'inglese iniziò a recitare un antico incantesimo.

L'uomo dal volto coperto da un cappuccio guardò lo specchio e con un movimento della mano ne increspò la superficie come se fosse stata liquida. Quando tornò calma, il viso di Doyle era apparso al posto del riflesso.
Il giovane sembrava a disagio e spaventato.
- Oscuro, mi hai deluso. La Cacciatrice è ancora viva. -
- Perdonami Mio Signore! L'ho cercata per ucciderla, ma, a quanto pare, ha lasciato il Giappone. -
- Ora non importa, c'è altro a cui pensare. Manca poco ormai, Oscuro. Le menti che mi hai portato mi hanno dato forza e mi hanno permesso di camminare sulla Terra, ma ancora non basta. Se solo potessi trovare più potere, potrei riavere il mio corpo e non essere costretto a usare questi schifosi involucri umani. L'uomo che ho incontrato qualche giorno fa potrebbe bastare, ma da allora non ho più sentito la sua presenza. -
- Troverò qualcuno altrettanto potente! - Ansimò Doyle, ansioso di compiacere l'altro.
- Sei inutile, Oscuro. Ho trovato da solo ciò che mi serve, qualcuno sta per svegliare una magia antica in questa città, tu dovrai solo recarti sul posto e aprirmi un varco, poi ci penserò io. -
- Si, Mio Signore. -
Doyle chiuse gli occhi e l'altro gli trasmise le informazioni di cui aveva bisogno, poi lo specchio tornò ad essere un normale pezzo di vetro.
L'uomo incappucciato rise in modo agghiacciante, poi il corpo umano che aveva abitato cadde a terra morto, mentre la vera essenza della creatura, una nube di pura malvagità, continuava a ridere.
Presto, molto presto, sarebbe stato completo.

Seraphina atterrò pesantemente accanto all'antico tempio. Si sentiva stanca e infelice. Era da tanto tempo che volava alla disperata ricerca di altri draghi, ma non aveva avuto alcun risultato.
Non si sarebbe arresa finché avesse avuto la forza per volare, ma stava iniziando a pensare di essere partita troppo in fretta.
Aveva deciso improvvisamente di partire quando era nato il suo cucciolo, si era imposta quel distacco precoce perché sapeva che altrimenti non ne avrebbe più avuto la forza, ma avrebbe dovuto almeno parlare con Giles.
Lui avrebbe potuto aiutarla, usare i poteri per sentire la potenza dei suoi simili, leggerle gli antichi libri in cui si parlava della stirpe dei draghi. E poi si sentiva in colpa per averlo lasciato senza un saluto.
Fra loro c'era un legame, l'uomo era come un suo fratello.
Per questo stava tornando a Tokyo.
Avrebbe parlato con Giles, glielo doveva, e poi sarebbe ripartita.
Il grande drago si nascose in un boschetto non troppo lontano dal tempio e si acciambellò per riposare.
"Chissà come si chiama mio figlio..." Pensò guardando le stelle.

Ethan finì di recitare la prima parte dell'incantesimo e fece un passo indietro mentre le due ragazze iniziavano a cantilenare la loro parte. Continuò ad allontanarsi lentamente dal punto in cui si sarebbe aperto il portale: se tutto avesse funzionato secondo i piani, non avrebbe voluto trovarsi troppo vicino.
Le linee scarlatte dipinte al suolo cominciarono a illuminarsi e l'uomo fece cenno a Hope e Mimete di passare all'incantesimo successivo: ormai il portale si sarebbe aperto in ogni caso e le giovani adesso dovevano riuscire a vincolare l'essere che ne sarebbe uscito per fare in modo che obbedisse solo a Ethan.
L'inglese si accigliò notando un movimento ai limiti del cerchio magico: quel posto avrebbe dovuto essere deserto, invece c'era un giovane che stava guardando l'evocazione.
Prima che Ethan potesse fare qualunque cosa, Doyle alzò una mano e tracciò alcuni gesti nell'aria.
Improvvisamente la terra sembrò rimbombare e una sensazione di potere malvagio allo stato puro intrise l'atmosfera.
Ethan Rayne sussultò e corse a nascondersi dietro a una colonna, accertandosi di nascondere accuratamente ogni traccia di potere magico. Non disse nulla per avvisare le ragazze del pericolo imminente, ma rimase a guardare, curioso di sapere come sarebbe andata finire.
Mimete ammutolì nel sentire il forte potere magico che era apparso improvvisamente e crollò a terra tremando, Hope invece non si era accorta di nulla, concentrata com'era nel suo incantesimo, e continuava a recitare assorta le parole antiche che Ethan le aveva insegnato.
Il portale si aprì e Mimete sentì un secondo potere oscuro che si stava avvicinando. Gridò di terrore nel vedere un enorme drago nero dagli occhi di fuoco che era apparso dal nulla e arretrò senza accorgersi che si stava avvicinando a Doyle.
Il giovane le afferrò le braccia da dietro e la tenne ferma.
- Mio Signore! - Gridò con uno sguardo da fanatico negli occhi. - L'ho presa! Ora puoi nutrirti del suo potere e divorare la sua mente! -
Mimete gridò quando la creatura le strappò ogni residuo di potere magico e urlò più forte quando sentì la creatura malvagia sfiorarle la mente, ma l'essere si ritirò di colpo prima di distruggerla e Doyle la lasciò cadere a terra.
In preda al panico vide l'essere malvagio rivolgersi verso il drago nero ed iniziare a lottare con esso e, mentre lottavano, la nube di malvagità sembrava assumere una forma solida, un corpo innaturale e osceno con tentacoli viscidi, occhi vacui e obbrobriose escrescenze carnose che nessuna creatura naturale dovrebbe avere.
Il drago lottava furiosamente, ma sembrava che qualcosa lo trattenesse.
- L'incantesimo di Hope! - Gemette Mimete, rendendosi conto che la sua amica non si era accorta di nulla e continuava a recitare la formula magica per vincolare l'essere evocato.
In quel momento, come se l'amica avesse potuto sentire i suoi pensieri, la voce di Hope si interruppe, la ragazzina aprì gli occhi e gridò di terrore.
Il drago nero, finalmente libero dall'incantesimo, spiegò le ali e riuscì a sfuggire all'attacco della creatura immonda spiccando il volo e distruggendo la vetrata che copriva la piazza del centro commerciale. Un attimo dopo era solo un puntino nero in cielo.
Mimete cercò Ethan con lo sguardo, dicendosi che lui la avrebbe aiutata, ma l'inglese era sparito.
Guardò la creatura che si era voltata verso Hope e fissò Doyle che aveva afferrato la ragazzina per un braccio.
Hope sembrava come ipnotizzata dalla vista di quell'abominio e non tentava nemmeno di fuggire.
Mimete era convinta che ora avrebbero ucciso Hope e poi sarebbero tornati a finire lei, ma la creatura allungò i tentacoli ad afferrare la sua amica e la attirò a sé, poi Doyle mosse di nuovo le mani a creare un varco e tutti e tre svanirono nel nulla.
In preda al panico, Mimete corse via dal centro commerciale devastato.