11. Just an Interview

Giles saltò verso la sfera, temendo di non riuscire a raggiungerla, ma poco dopo si trovò a stringere la superficie bollente contro il suo corpo.
Alcuni dei meccanismi di difesa gli avevano trapassato la schiena, ma il dolore delle ustioni eclissava ogni altra cosa.
Ma non doveva perdere i sensi. Non quando era l'ultima speranza di distruggere quell'oggetto letale. Chiuse gli occhi e lasciò che il potere gli attraversasse il corpo per penetrare nella sfera, senza tentare di controllarlo o dirigerlo, semplicemente lasciandolo scorrere attraverso di sé, dolorosamente e con tutta la sua forza.
A un certo punto la sfera emise un rumore stridente, poi il metallo perse lucentezza e si spense.
L'Osservatore riaprì gli occhi e lasciò andare la sfera. Il suolo era molto più vicino e Giles si rese conto che stava precipitando e che si sarebbe schiantato sul tetto di qualche edificio entro pochi secondi senza poter fare nulla per evitarlo.
Ma sarebbe morto lo stesso per le ferite che si era procurato nello stringere la sfera, si rendeva conto anche di questo.
Stranamente non aveva paura. Il dolore al petto era talmente forte che la morte sarebbe stata solo un sollievo. E comunque non poteva farci nulla.
Vide le luci delle ambulanze nelle strade e si augurò che non ci fossero altre vittime, poi colpì il tetto di cristallo di un centro commerciale, sfondandolo.

I paramedici si fecero strada tra i frammenti di vetro e le macerie per soccorrere il corpo inerte che giaceva accanto a una strana sfera annerita.
- Questo è messo male. - Commentò uno dei due uomini aprendo la camicia del ferito per esaminarne le ferite. - Ustioni profonde su tutto il torace e cassa toracica praticamente sfondata. -
- Respira ancora. - Notò l'altro mentre collegava l'apparecchio per monitorare il battito cardiaco. - Battito debole e irregolare... Accidenti, deve avere il torace pieno di sangue... -

Giles si trovò di colpo in piedi, in mezzo all'atrio pieno di macerie di un centro commerciale, e si chiese se stesse sognando. Il dolore era completamente sparito e si sentiva bene.
Una voce alle sue spalle richiamò la sua attenzione e si voltò a guardare due paramedici che lottavano per salvare una persona stesa a terra.
- Lo stiamo perdendo! - Disse uno dei due, soffocando un'imprecazione e prese gli elettrodi di un defibrillatore per applicarli al petto del ferito. Il corpo si inarcò sotto la scarica elettrica, ma il monitor dei segni vitali continuava a mostrare una linea piatta.
- È inutile. - Sussurrò Giles, rendendosi conto in quel momento di cosa stava succedendo. - Non potete farci nulla. Sono morto. -
Guardò il corpo a terra, ferito in modo orribile, ma non provò nulla nell'osservare le ferite che lo straziavano, era come se non gli appartenesse più.
Era strano, non aveva la minima paura ora, ma solo un senso di profonda tranquillità, una calma che lo faceva sentire sereno.
Era morto e non poteva farci nulla. E in fondo non gli importava. Era diverso dalle volte che era stato in coma, in quelle occasioni aveva voluto lottare per tornare indietro, per continuare a vivere, aveva sentito che c'era una possibilità, ma ora sapeva che sarebbe stato tutto inutile.
Era giunta la sua ora e saperlo gli dava un senso di sereno distacco da quella che era stata la sua vita. Era dispiaciuto perché i suoi cari avrebbero sofferto, ma sarebbero andati avanti anche senza di lui e lui aveva sacrificato la sua vita per fare la cosa giusta.
Guardò i paramedici segnare l'ora del decesso e andarsene commentando che più tardi i coroner sarebbero passati a rimuovere il corpo, poi rimase tranquillamente in attesa di quello che sarebbe venuto dopo.

L'alieno spense il meccanismo di occultamento e guardò la sua collega, luminosa contro la polvere che ancora turbinava nell'aria dell'edificio.
- È un rischio tremendo, lo sai vero? Potrebbero vederci. -
- Ora non c'è nessuno e poi non si fanno gli scoop con la prudenza. -
- D'accordo, ma è proprio necessario? Non bastano le immagini che abbiamo registrato? -
- No. Voglio un opinione diretta. -
- Sbrigati allora. -
- Dovrebbe essere caduto da queste parti. Ah, eccolo! -

Giles osservò le due figure luminose che si avvicinavano al suo corpo morto e per un attimo si chiese se fossero angeli, prima di rendersi conto che le due creature erano ancora su un piano materiale, erano vivi.

- Sembra morto. -
- Si è schiantato da centinaia di metri, pensavi di trovarlo vivo? -
- E allora cosa siamo venuti a fare? -
- Un'intervista. -
- Non vorrai... -
- Precisamente. -
- È contro ogni legge etica! -
- Perchè, i giornalisti hanno una morale? -
L'aliena si chinò sul corpo di Giles e sorrise dopo averlo esaminato con un congegno a forma di piramide.
- Bene, non è passato troppo tempo. -

Giles si rese conto di quello che stava accadendo quando l'aliena appoggiò la piramide sulla fronte del cadavere e fece per gridarle di non farlo, di lasciarlo stare, poi si trovò improvvisamente nel suo corpo, sano e integro come prima della caduta.
- Ottimo lavoro direi. - Disse l'aliena rivolta al collega. - Oh, andiamo, non ho fatto nulla di tanto grave, in fondo non si meritava di morire in quel modo. E poi che differenza vuoi che faccia? Tra poco saranno tutti morti lo stesso. -
L'alieno guardò lo sguardo pieno di orrore di Giles e sospirò spazientito.
- Almeno sbrigati. Questo poveretto sembra sconvolto. -
La collega annuì.
- Devo solo prendere una copia della sua memoria, poi lo lasceremo libero. - Disse, applicando un altro apparecchio sulla fronte di Giles e attivandolo.
L'Osservatore rimase immobile, senza reagire a quella intrusione nella sua mente, e riuscendo solo a pensare a quel meraviglioso senso di pace che era scomparso non appena era tornato in vita.
Non reagì nemmeno nel sentire la voce Eudial che intimava ai due alieni di allontanarsi e lasciarlo stare.
- Te lo avevo detto. Ci hanno visti! - Rinfacciò l'alieno, stizzosamente.
- Tanto ho finito, possiamo pure andarcene. - Rispose tranquilla lei, riprendendosi i suoi apparecchi e attivando il teletrasporto.

Eudial corse da Giles. L'Osservatore era rimasto steso a terra e lei aveva il terrore che fosse ferito gravemente. La camicia era bruciata e sporca di sangue, ma, a un primo esame, Giles sembrava essere illeso.
Lo aiutò prudentemente a mettersi seduto e lui le obbedì docilmente, ma Eudial aveva l'impressione che fosse sotto shock.
- Stai bene, Giles? Ti fa male da qualche parte? -
- No. - Rispose debolmente, ma una voce dentro di lui gridava il contrario. ?Sono morto.?
- Ti hanno fatto del male? -
- Hanno letto la mia mente. Volevano informazioni. - Disse in tono piatto. ?Mi hanno riportato in vita.?
In quel momento due uomini con una barella e un sacco nero entrarono nell'edificio e guardarono Eudial e Giles.
- È qui il cadavere? -
Eudial scosse la testa.
- Non c'è nessun morto qui. -
- Si saranno sbagliati... Andiamo. -
?Io. Sono io il morto.?
Eudial lo aiutò ad alzarsi, un po' preoccupata. L'Osservatore tremava e sembrava molto scosso, ma non era ferito come avevano temuto quando avevano visto Seraphina da sola, ferita e preoccupata.
Le senshi avevano aiutato il drago a tornare a casa, mentre lei, Xini e Tera cercavano Giles. Quando Seraphina aveva detto che era caduto, avevano temuto il peggio, ma per fortuna lo aveva ritrovato e stava bene.
Gli passò un braccio intorno alla vita, per sostenerlo e uscì insieme a lui alla luce del sole.