3. Sudden Past

- È questa la grande preparazione dietro a un incantesimo? Un disegnino fatto per terra col gesso e quattro puzzolenti bastoncini di incenso? Probabilmente saprei farlo anche io. -
Giles tolse di mano a Tera il bastoncino e lo accese, tornando a sedere all'interno del cerchio.
- Non è così semplice. E un po' di concentrazione non guasterebbe... Se proprio non vuoi aiutarci almeno stai zitta. -
- Ehi, fallito, stai calmo! Che ti prende? Mi sembri un po' troppo nervoso per essere uno che sa quello che fa. -
- Ci sono molto pericoli insiti in un incantesimo del genere, non sono cose da prendere alla leggera... -
- Riassumendo: hai fifa. -
Giles la guardò, seccato, ma in cuor suo doveva ammettere che Tera aveva centrato il punto: aveva paura. L'ultima volta che aveva usato i poteri aveva quasi rischiato di morire e ora temeva quello che sarebbe potuto accadere tentando di usare frammenti di potere rovinati e incompleti.
- Puoi farcela, Rupert Giles. - Disse Valerius, seduto nel cerchio, di fronte a lui. - So che hai le capacità per riuscirci. Non avere paura e fidati di me, cercherò di guidarti. Cominciamo? -
Giles annuì.
- Tera, ora non ci interrompere per nessun motivo, ok? -
La ragazza sedette a qualche metro di distanza da loro e osservò Giles che prendeva nelle mani le zampe anteriori del gatto e chiudeva gli occhi, concentrandosi sull'incantesimo. Si chiese se tutto ciò sarebbe servito davvero a qualcosa, non aveva mai avuto fiducia in quel tipo di metodi.
Il disegno tracciato col gesso iniziò a mutare, diventando luminoso, come se la luce fosse insita nell'essenza stessa della roccia e si stesse semplicemente rivelando. Tera poteva vedere che l'Osservatore sembrava molto affaticato dall'uso di quella magia: era pallido, sudato e le sue mani tremavano visibilmente.
Improvvisamente l'alone di luce che circondava Giles e Valerius si tramutò in un lampo abbagliante e poi scomparve: Valerius si trovò sbalzato al di fuori del cerchio magico, mentre Giles crollò a terra privo di sensi.
Tera si avvicinò all'Osservatore e lo scosse per svegliarlo, ma senza ottenere alcun risultato. Si voltò a guardare il gatto che si era avvicinato anche lui a Giles.
- Cosa è successo? È colpa tua? -

Giles si guardò intorno, sorpreso di trovarsi su una strada di terra battuta in mezzo ai campi. Un minuto prima stava facendo un incantesimo insieme a Valerius e si era trovato di colpo in quel posto. Provò a ricordare quello che era successo: lui e il gatto erano entrati in contatto mentale per pochi secondi, poi Valerius avrebbe dovuto aiutarlo a radunare i poteri e riorganizzarli per trasmettere il pensiero a distanza per raggiungere Eudial. Era in quel momento che qualcosa era andato storto: Giles si era spaventato perché i residui di potere oscuro erano di più di quanto credesse e non era riuscito a controllarli.
Ma dove era finito? Forse aveva attivato un incantesimo di teletrasporto senza volerlo. Con una punta di sollievo, scorse dei bambini che gli correvano incontro lungo la strada, forse lo avrebbero aiutato a capire dove fosse.
I ragazzini non accennarono a fermarsi o a rallentare giunti a pochi metri da lui e Giles si lasciò sfuggire un grido di spavento quando gli passarono attraverso.
Si guardò il corpo, spaventato: sembrava normale. Si sentiva lo stesso di sempre, eppure a quanto pareva era incorporeo: forse era morto ed era diventato un fantasma, oppure stava sognando...
Escluse l'ipotesi della morte perché quel posto era completamente diverso da quello che aveva visto le altre due volte che aveva rischiato di morire: non c'era la luce abbagliante che avvolgeva il paesaggio, né i colori innaturali che ricordava. Il posto in cui si trovava sembrava solido e reale e mille dettagli sembravano confermarlo: poteva scorgere i piccoli insetti che vivevano nell'erba e le impronte dei bambini nella polvere della strada.
Si voltò a seguire i ragazzini con lo sguardo e vide che stavano correndo incontro a un giovane vestito di nero con un mantello che gli arrivava quasi fino ai piedi.
- Ehi, Valerius! - Gridò un ragazzino e Giles riconobbe nell'uomo vestito di nero la forma umana di Valerius Da Silva, così come lo aveva visto la prima volta che si erano incontrati, solo di parecchi anni più giovane.
I bambini si erano affollati intorno a lui ridendo.
- Hai qualche trucco nuovo, Valerius? -
- Dai, mostraci la tua magia. -
Valerius si fermò, guardandoli con uno sguardo severo.
- La magia non è un gioco. È una cosa seria e degli stupidi ragazzini non dovrebbero scherzarci sopra. - Disse quietamente rimettendosi in cammino.
Giles lo guardò mentre gli passava accanto, gli occhi verdi nuovamente persi nei suoi pensieri e totalmente ignaro degli insulti che i ragazzini avevano iniziato a rivolgergli. Uno di loro raccolse una manciata di fango dal lato della strada e gliela tirò, colpendo il mantello nero, ma Valerius non se ne accorse nemmeno.
L'Osservatore lo raggiunse, cercando di stabilire un contatto, ma si rese presto conto di non appartenere a quel luogo e che non poteva influenzare quella realtà in nessun modo.
Rassegnato, si limitò a seguire il mago in silenzio e ad aspettare di vedere cosa sarebbe successo.
Poco dopo, raggiunsero un villaggio medievale sperduto nella campagna: le case erano quasi tutte di legno o di pietra e gli abitanti sembravano principalmente contadini. Una ragazza dai lunghi capelli scuri uscì dal cortile di una delle case e il suo volto si illuminò in un sorriso radioso nello scorgere il giovane mago.
- Valerius! - Disse andandogli incontro. - Era da tanto che non venivi in paese! -
Il giovane la guardò distrattamente.
- Ah... Ciao Maria. -
La ragazza mascherò la delusione per quella risposta fredda con un altro sorriso.
- Vuoi restare a pranzare da noi? Mio padre ha ucciso un pollo e mamma sta facendo l'arrosto. Io stavo andando a prendere la verdura nell'orto, ti va di aiutarmi? -
- Non ho tempo ora, sono molto impegnato. -
La ragazza stavolta non fece nulla per nascondere la delusione.
- Ah... I tuoi studi? -
Valerius non colse minimamente il tono della ragazza e sorrise fissando il cielo con uno sguardo distante e trasognato.
- Non puoi immaginare, Maria! Sto imparando cose straordinarie! Se sapessi i segreti che nasconde questo mondo non potresti fare a meno di continuare a cercarli e stai certa che ne troveresti sempre di nuovi anche studiando per centinaia di anni! -
Maria sembrava confusa.
- Ma noi non li abbiamo centinaia di anni... A che servono i tuoi studi se poi non potrai mai conoscere tutto? Non sarebbe meglio per te trovare un lavoro onesto e farti una famiglia? -
Il viso di Valerius si adombrò.
- Non lo accetterò mai. - Disse quasi a se stesso. - La morte è troppo ingiusta perché io possa accettarla. -
Con queste parole voltò le spalle a Maria e proseguì il cammino. La ragazza lo guardò andare via, irritata e rientrò in casa sbattendo la porta.
- Ma sei stupido?! - Disse Giles anche se sapeva che Valerius non lo avrebbe sentito. - Quella ragazza è innamorata di te e non te ne accorgi neanche? E poi ti lamenti di essere rimasto solo per cinquecento anni... -
Tornò a seguirlo scuotendo la testa.
Dopo un po' arrivarono a una casetta di pietra costruita lontano dal villaggio. Valerius spinse il portoncino di legno e Giles si affrettò a seguirlo: sapeva che avrebbe potuto attraversarlo senza difficoltà, ma passare attraverso le cose come un fantasma non era una sensazione piacevole e preferiva evitarlo.
Il giovane mago non perse nemmeno tempo ad accendere il fuoco e si immerse nella lettura di un libro di magia, prendendo appunti di tanto in tanto su un libro rilegato in pelle nera e oro. Giles lo riconobbe con un sussulto: quello era il libro che lui stesso aveva usato per ottenere il potere oscuro!
Si avvicinò per toccarlo e trasalì rendendosi conto che poteva toccarlo, sfogliarlo e leggerlo.
"Probabilmente posso farlo perché quel libro è in buona parte dentro di me... " Pensò. "Per questo posso toccarlo, perché è parte di me..."
Sedette in un angolo a guardare Valerius che lavorava e iniziò a sentire una forte sonnolenza. Si addormentò tranquillamente in pochi minuti.