15. Born from a Wish

Il guardiano del cimitero sorrise, soddisfatto.
- Bene, ce l'hai fatta a venire. - Disse a Giles dandogli una pacca di approvazione sulla spalla, poi si rivolse al medico. - Venga, lasciamoli soli. -

Eudial si rifugiò tra le braccia di Giles piangendo anche lei e l'Osservatore la tenne stretta.
- Sei... sei venuto da me! Non mi sembra vero! Sei davvero qui? Non sto sognando? -
- Certo, è tutto vero. S-se avessi saputo prima quello che stavi facendo, sarei venuto prima, non avrei permesso che ti facessero del male! -
Eudial lo strinse più forte singhiozzando.
- Mi dispiace, Giles! Volevo trovare Xini, lo volevo davvero! Potrai mai perdonarmi per quello che vi ho fatto? Avete avuto così poco tempo e io ho rovinato tutto. Forse lei non sarebbe morta se io non fossi stata tanto gelosa ed egoista... -
Giles le carezzò i capelli delicatamente, profondamente commosso.
- Ehi, non è colpa tua. - Le sussurrò con dolcezza. - È stato Birurugatesu ad ucciderla, non tu. -
- Se la avessi trovata ero disposta a darle il mio corpo, glielo avrei lasciato anche per tutta la vita, se necessario. Non voglio più vederti soffrire, Giles, non voglio! -
Giles la scostò leggermente da sè per guardarla negli occhi. Solo una volta vi aveva scorto una sofferenza tanto simile alla sua, quando si erano incontrati per la prima volta e avevano pianto insieme, abbracciati in mezzo alla strada, anche se ancora non si conoscevano.
- Non farlo mai più. Non correre certi rischi per me. Anche se l'avessi ritrovata, non avrei mai potuto essere felice se ti fosse successo qualcosa di brutto. -
La tenne stretta, accarezzandole la schiena finché i singhiozzi non si furono placati. Il guardiano del cimitero aveva ragione: ora Eudial aveva bisogno di lui, soffriva anche lei per la morte di Xini e sembrava convinta di esserne colpevole. E lui, Giles, avrebbe dovuto imparare a convivere con quel dolore, tentare di superarlo con tutte le sue forze senza abbandonarsi ad esso come aveva fatto fino ad allora. Aveva creduto che sarebbe stata Eudial a sostenerlo, ma ora lei soffriva quanto lui e sembrava terribilmente fragile. L'Osservatore si rese conto che ora toccava a lui essere forte e giurò a se stesso che lo sarebbe stato, nonostante il dolore per la perdita di Xini.
Eudial vacillò leggermente fra le sue braccia e la vide impallidire per qualche secondo.
- Fa molto male? - Le chiese, preoccupato.
- Non è niente di grave. -
- Però è doloroso... - Le sfiorò il viso con la mano. - Sei calda, hai la febbre. Ora mettiti a letto, devi riposare. -
- No! Ti prego, andiamo a casa, non voglio più restare in questo posto, è orribile! -
L'Osservatore si guardò intorno, notando la tristezza e lo squallore di quella stanza pulita, ma priva del minimo calore e sospirò pensando a quanto avesse dovuto essersi sentita sola Eudial nei giorni precedenti.
La fece sedere sul letto e si chinò a baciarla sulla guancia.
- Ora aspettami qui, penserò io a tutto. Ti porto a casa appena possibile e poi mi prenderò cura io di te. Non piangere più, sono qui ora. -
Le asciugò una lacrima con un dito e lei lo imitò.
- Anche tu stai piangendo. -
Giles le sorrise tra le lacrime, leggermente imbarazzato.
- Ce la faremo anche questa volta. Questo dolore lo supereremo insieme. -

Giles uscì dalla stanza e scorse il vecchietto, avviandosi verso di lui.
- Venga, andiamo a sbrigare le pratiche per farla uscire di qui, la voglio portare a casa il prima possibile. A chi devo rivolgermi?-
Il guardiano gli disse di chiedere alla reception e sorrise nel vedere Giles affrettarsi con decisione in quella direzione. Certo, sia lui che Eudial ci avrebbero messo parecchio tempo a riprendersi del tutto dalla morte di Xinuxunil, ma almeno l'Osservatore sembrava essersi lasciato alle spalle l'apatia.

La luce le colpì gli occhi dolorosamente quando li aprì per la prima volta. Si guardò intorno: una piccola grotta affacciata sul mare l'aveva accolta come il grembo materno che non aveva mai conosciuto, mentre tornava lentamente alla vita. Xinuxunil mosse un braccio e lo fissò stupita, non riuscendo del tutto a credere che le appartenesse, poi lasciò scorrere lo sguardo sulla pelle candida del resto del suo corpo. "Il suo corpo"... Quelle parole le suonavano ancora strane, non era abituata ad avere un corpo totalmente suo, non strappato a nessuno. Si alzò in piedi, fissando il mare e cercando di abituarsi a quella sensazione nuova. Aveva espresso un desiderio per se stessa, andando contro a tutte le leggi che glielo impedivano ed era stato esaudito. Il prezzo da pagare era stato altissimo: la sua stessa vita, la sua essenza di dea, la sua immortalità, i suoi poteri. Aveva dovuto morire come dea per rinascere come umana, ma non ne era pentita, per il momento: per la prima volta aveva un corpo, un suo corpo e un mondo intero da imparare a conoscere. E poi c'era Ripper. Finalmente avrebbe potuto stare insieme a lui senza far soffrire nessuno.
Prese una ciocca di capelli fra le dita e li esaminò: erano mossi, di un rosso chiaro che al sole sembrava quasi biondo e lunghi.
Camminò fuori dalla grotta e si chinò su una pozza di acqua marina, cercando di specchiarsi. Si chiese se quel corpo sarebbe piaciuto a Ripper: era più esile di quello di Eudial, e i suoi lineamenti erano delicati, un po' aristocratici, gli occhi chiari, ma in quello specchio improvvisato non riusciva a capire se fossero azzurri o verdi.
Guardò verso la terraferma e capì di conoscere già il luogo in cui era rinata: l'Isolotto di fronte all'Argentario, l'enorme tartaruga marina a cui lei stessa aveva dato la vita millenni prima.
Si inginocchiò e posò il palmo della mano a terra, ringraziando l'animale per averla ospitata mentre il suo corpo rinasceva e scorse in acqua una delle tartarughe più piccole che la aspettava per riportarla a terra. Xini salì sul suo dorso e si rese conto che una volta arrivata sulla riva avrebbe dovuto cavarsela da sola, senza poter contare sulla propria natura di dea. Era un concetto difficile da comprendere pienamente per lei e non se ne preoccupò troppo, quello che contava era che avrebbe potuto rivedere Ripper!

Giles sfiorò la copertina rilegata in pelle del volume che gli era stato donato dal guardiano del cimitero seguendo il contorno delle lettere dorate con un dito. Fino ad allora non aveva ancora avuto il coraggio di aprirlo e leggere di Xini, le ferite nel suo cuore erano ancora troppo fresche. Alzò gli occhi a guardare Eudial che si dirigeva verso di lui attraversando il prato del cimitero e sorrise leggermente: almeno la ferita della ragazza stava guarendo bene e in fretta e il tempo che passavano insieme dava conforto a entrambi. Presto sarebbero tornati a Tokyo, ma per il momento approfittavano della quiete della casa del guardiano del cimitero per riposare e alleviare il loro dolore nella pace che regnava in quel luogo.
Eudial lo raggiunse e sedette sulla lapide accanto a lui.
- Comincia a fare freddo. Se resti qui fuori tanto a lungo ti ammalerai. -
Una foglia ingiallita si staccò da un albero vicino e volteggiò nell'aria, posandosi sul libro di Giles. Eudial la raccolse e guardò la copertina.
- Pensavi a lei? -
Giles annuì con un sospiro.
Eudial guardò la foglia che teneva in mano, pensierosa.
- Anche io ci penso sempre. Vorrei almeno averle potuto chiedere scusa per averla giudicata male. Solo alla fine, quando le nostre menti si sono unite, ho capito quanto fosse pura la sua anima... -
L'Osservatore si mise una mano in tasca e la strinse intorno alla forma familiare del ciondolo che il vecchietto gli aveva dato insieme al libro. Passò la catena intorno al collo di Eudial e chiuse il fermaglio.
- Tienilo tu. -
Eudial guardò il ciondolo con il simbolo di Xinuxunil.
- Ma questo... -
- Lo avevano i Lug che ti hanno aggredito. Il guardiano lo ha trovato sul treno accanto a te mentre ti soccorrevano. È lo stesso che hai usato per evocarla all'Argentario, ne sono certo. -
- Ma io non posso... Dovresti tenerlo tu... -
Giles scosse la testa.
- Manca anche a te, lo so. È giusto che lo tenga tu, e poi io ho questo... - Disse sollevando il libro.
- Non lo hai ancora aperto? -
- Non ci riesco. Non ancora. -
Eudial sospirò e si appoggiò al braccio di Giles, posandogli la testa su una spalla.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, osservando il vento che agitava le foglie cadute.
- Prima al telefono era Spike? - Chiese l'Osservatore dopo un po'.
Eudial annuì lasciandosi sfuggire un sorriso.
- Era ancora arrabbiato? -
- Arrabbiato? Furioso direi. Davvero sei partito per l'Italia senza dirgli niente? -
- Temo di si. Dopo la telefonata del guardiano non ho pensato ad altro che a venire da te, non mi è proprio venuto in mente di avvisare Spike. -
- E lui ha passato un giorno e una notte temendo che avessi fatto qualche follia e cercandoti ovunque... Non poteva nemmeno contattarmi perché non sapeva che i Lug mi avessero ferita e che ero in ospedale... -
- Dovresti sentire quante me ne ha dette quando mi sono ricordato di chiamarlo. -
- Immagino. Credo che si senta un po' escluso. -
- Penso che dovremo farci perdonare quando torneremo a Tokyo. -