5. Runaway Watcher

Eudial sentì due mani che la aiutavano a mettersi seduta e guardò la persona che la stava aiutando: non era Giles, ma il vecchio custode del cimitero.
- Per fortuna sei ancora viva. Quando ho visto il gatto tornare da solo ho capito che doveva esservi successo qualcosa. Chi è stato a farti questo? -
La ragazza lo guardò confusa.
- È stato Giles, ma non era lui. Non era il suo sguardo quello che mi guardava con odio. Continuava a chiamarmi Lili. E io credevo che fosse il mio nome e lo chiamavo papà... Cosa è successo? -
Il guardiano la esaminò chiedendosi se lo stesse prendendo in giro. No, era seria.
- Lili hai detto? Ha fatto anche altri nomi? -
- A un certo punto mi ha chiamata Marianne. -
- Ti ha raccontato la storia delle persone che vivevano in questa casa? -
Eudial scosse la testa.
- Lo immaginavo. Ma anche se lo avesse fatto, non avrebbe potuto sapere che Marianne era la madre di Lili. Questo sono certo di non averglielo detto. -
Le raccontò brevemente la storia.
- Credo che gli spiriti di Lili e di suo padre vi abbiano posseduti. - Concluse. - È già successo in pas­sato, anche se ovviamente non posso essere sicuro che sia avvenuto in questo modo. Voi siete i pri­mi a sopravvivere. -
- Cosa... cosa succedeva alle persone possedute dal padre? -
- Si suicidavano. -
Eudial si alzò in piedi di scatto e vacillò leggermente.
- Ma allora Giles è in pericolo! Devo trovarlo subito! -
- Calma, calma, sei appena rinvenuta, non devi agitarti troppo. -
- Si sbrighi, potrebbe uccidersi! -
- Non è detto. Lui non ha ucciso Lili. Deve essere tornato in sè. -
Eudial scoppiò a piangere.
- Lei non lo conosce come lo conosco io. So come si deve sentire in questo momento. Devo ritro­varlo il più presto possibile mi aiuti la prego! -
Il vecchietto la guardò, stupito.
- Ti ha quasi uccisa. Non hai il minimo dubbio sulla storia dei fantasmi? -
Eudial sorrise.
- No. Ne sono certa. Quello che mi picchiava non era Giles. -
- Va bene, vi aiuterò. Ma prima devo sistemare il vampiro. -
Eudial lo fissò senza capire.
- Che vampiro? -
- Quello che ho trovato ferito al piano di sopra. Non l'ho detto a tuo padre, ma ogni tanto si trovano mostri del genere nel cimitero. Anche per questo non voglio che la gente giri di notte nei cimiteri. Ci vorrebbe una Cacciatrice. -
- Come ha detto? -
- Ah, scusa, tu non puoi sapere nulla delle Cacciatrici. Lascia stare, fai finta che non abbia detto nulla, sono solo ricordi di un vecchio. -
Eudial lo guardò con orgoglio.
- Io sono una Cacciatrice. E Giles non è mio padre, è il mio Osservatore. -
Il vecchietto la guardò furbescamente.
- Ah, allora c'è un motivo per cui frequentate i cimiteri di notte! Vuoi pensarci tu al vampiro?-
Salirono al piano superiore e il custode del cimitero la condusse nella stanza dove aveva trovato il vampiro ferito.
Eudial gridò vedendo Spike e corse ad aiutarlo.
- Ma che fai? È un vampiro! -
- Si, ma è diverso dagli altri. Non può attaccare gli esseri umani. Lui viaggia con noi. -
Estrasse il pugnale dal torace di Spike e gli tamponò la ferita con un fazzoletto, poi si morse il polso a sangue e premette la ferita sanguinante sulle labbra del vampiro.
- Una Cacciatrice che dona il suo sangue a un vampiro... Questa dovevo ancora vederla! -
Spike si mosse debolmente, senza però riprendere conoscenza.
Il vecchio custode esaminò la ferita.
- Si riprenderà. Un umano sarebbe morto, ma lui è un vampiro. -
- Ne è certo? - Chiese Eudial, preoccupata.
- Certo. Molti anni fa ero anche io un Osservatore. -
Eudial lo guardò, esterrefatta.
- Mi occuperò io di lui. A casa mia sarà al sicuro. Tu vai a cercare il tuo Osservatore, ora ha bisogno di te. -
Eudial staccò il polso dalla bocca di Spike e baciò delicatamente le labbra del vampiro, raccolse la camicia che gli aveva sfilato per curare la ferita e la indossò lei, poi corse via, allontanandosi da quella casa maledetta.

Giles inciampò in una radice e cadde pesantemente sull'erba. Un dolore lancinante gli attraversò il polso, ma lui non ci badò: non era nulla in confronto a quello che gli lacerava l'anima.
La caduta lo costrinse a fermarsi e rimase steso sull'erba ansimando, il cuore che gli martellava dolo­rosamente nel petto. Da quando aveva lasciato quella casa, non aveva fatto altro che correre, era fuggito senza nemmeno badare a dove andava, deciso ad allontanarsi il più possibile da Eudial. Non poteva guardarla di nuovo in faccia, non dopo quello che le aveva fatto e poi non avrebbe mai più ri­schiato di ferirla di nuovo. Il ricordo di quello che era successo era una tortura. Rimase steso nell'erba, scosso da singhiozzi violenti, poi il dolore e la stanchezza gli fecero perdere conoscenza, donandogli quella pace che non desiderava.

L'umidità della notte smorzava il calore estivo e un vento fresco agitava i cespugli.
Giles si svegliò, destato da un incubo, e subito lo assalì la consapevolezza che quel sogno era mille volte migliore della realtà.
Era solo, completamente solo, e si sentiva perduto. Il dolore al polso lo tormentava, si doveva essere gonfiato, ma la sola luce della luna non gli permetteva di esaminare la ferita. E del resto non gli importava. Quel dolore era solo una minima parte di quello che si sarebbe meritato per la sua colpa.
Si rialzò a fatica, deciso ad allontanarsi il più possibile dalla città. Da Eudial. Solo che non aveva la più pallida idea di dove si trovasse la città. Nè di dove si trovasse lui.
Gli alberi gli impedivano di vedere le luci delle case e il paesaggio non offriva punti di riferimento. Era completamente perso. Scelse una direzione a caso e si incamminò faticosamente.


Eudial girò tutta la città alla ricerca di Giles, ma nessuno aveva visto l'Osservatore. Poco prima dell'alba tornò a casa del custode per vedere se Spike stesse meglio.
Il vampiro era ancora privo di sensi, ma il vecchietto le assicurò che stava migliorando,entro pochi giorni sarebbe stato meglio di prima.
La ragazza appoggiò su un tavolo la borsa nera che conteneva un portatile e chiese il permesso di poter attaccare il computer alla linea telefonica.
Lavorò per qualche minuto sui cavi, poi accese il portatile.
- Pensi di poterlo trovare con quel coso? -
- Lo spero. Se userà le carte di credito posso scoprire dove si trova. E lo stesso avverrà se prenoterà biglietti aerei o alberghi usando il suo nome. O se venisse arrestato o ricoverato in ospedale. Ho creato un programma di ricerca: lasciando il computer costantemente collegato, non appena ci sa­ranno dei risultati mi avviserà automaticamente con un messaggio sul cellulare. -
- Cosa posso fare? -
- Si prenda cura di Spike e non faccia toccare il computer a nessuno. Io andrò a cercarlo perso­nalmente. -

Il sole rovente del primo pomeriggio gli bruciava la pelle, ma Giles sentiva freddo. Forse era febbre, o forse era il gelo che gli attanagliava il cuore. Camminava da ore, ignorando il dolore e la stanchezza ed era arrivato alla periferia di una città: i campi coltivati erano scomparsi, sostituiti da tratti di campagna squallida e sporca, imprigionata a tratti dal cemento e sfigurata da cantieri abbandonati, baracche e discariche abusive.
L'Osservatore sapeva che avrebbe dovuto dirigersi verso la zona centrale della città, comprare il bi­glietto di qualche treno o aereo che gli permettesse di allontanarsi più in fretta, ma qualcosa lo tratte­neva in quel posto sporco e malfamato. Non riusciva a trovare la forza per incontrare altri esseri umani, si sentiva diverso, colpevole e condannato.
Gli unici esseri viventi che aveva incontrato erano persone che erano isolate come lui dall'umanità per disperazione o per le loro azioni: vagabondi, ubriaconi e delinquenti. Erano giorni che vagava in quella periferia malata, ma non avrebbe saputo dire quanti: aveva l'impressione di essere lì da un'eternità, intrappolato in una sofferenza senza fine.
Non riusciva a pensare chiaramente e si chiese se sarebbe impazzito. Forse era già pazzo, altrimenti non avrebbe mai fatto del male alla sua Cacciatrice.
Va­cillò e si appoggiò al muro di un capannone abbandonato. Si sentiva debole e il dolore al polso sembrava aumentare ogni giorno che passava. Vide avvicinarsi la banda di teppisti, anche se non era in grado di distinguere bene il loro aspetto, doveva aver perso gli occhiali da qualche parte, ma non tentò nemmeno di fuggire. Non ne avrebbe avuto la forza, ma soprattutto gli mancava la volontà.

Eudial appoggiò la testa sul volante, disperata.
I giorni passavano, ma non aveva trovato la minima traccia di Giles. L'Osservatore sembrava svanito nel nulla, lei aveva trovato solo i suoi occhiali in un prato a poche centinaia di metri dalla casa.
La terza notte, Spike l'aveva raggiunta e la presenza del vampiro le aveva dato un po' di conforto. - È colpa mia, Spike? Sono io che attiro l'infelicità? - Chiese piangendo. - Appena le cose sembrano andare bene, appena oso essere felice, succedono cose orribili... -
Il vampiro sbuffò. Si era ripreso dalle ferite, ma era ancora in collera con Giles per quello che era successo.
- Sei una cretina. Devi smetterla di piagnucolare per uno che ti ha fatto del male! Stava per ammazzarti, e a momenti ammazza anche me! -
- Non è stata colpa sua. Era intrappolato nella mente di quello spettro malvagio, ma quando l'ho chiamato mi ha protetta come aveva promesso. -
Il vampiro stava per risponderle, ma lo squillo del cellulare di Eudial lo zittì.
La ragazza si avventò sul telefono con le mani che le tremavano e lesse il messaggio.
- Ci siamo. - Disse mettendo in moto il furgone. - Ha appena usato la carta di credito in un negozio non troppo lontano da qui! - Eudial entrò nel negozio di elettrodomestici come una furia. Chiese alla cassiera se avesse visto Gi­les, mostrandole una foto dell'Osservatore. La ragazza scosse la testa e disse che gli unici clienti che aveva avuto nell'ultima ora erano stati dei ragazzi che avevano comprato uno stereo e molti cd pa­gando con una carta di credito. Per fortuna erano appena andati via, aggiunse, si comportavano come teppisti e lei si era spaventata.
Eudial si precipitò fuori dal negoziò e individuò un gruppetto di giovani che facevano suonare uno stereo e ridevano sguaiatamente. In un attimo fu tra di loro e ne afferrò uno per il collo, sbattendolo contro il muro.
- Dove avete preso la carta di credito che avete usato? - Ringhiò.
Gli altri teppisti non la presero sul serio e risero ancora più forte.
- Perchè, vuoi fare anche tu la fine di quel povero pazzo? -
- Ma no, forse lei vuole qualche altra cosa! - Disse un altro tentando di allungare le mani con un sorriso osceno.
Eudial lasciò andare il teppista che aveva afferrato e strinse la mano di quello che stava tentando di toccarla. Con una torsione secca gli spezzò il polso.
Il giovane si mise a gridare e a insultarla e gli altri si gettarono su di lei.
Con pochi gesti evitò i loro attacchi e contrattaccò, colpendoli duramente, poi prese uno di loro per la maglietta e lo sbattè nuovamente contro il muro. Lo fissò negli occhi, spietata e poi chiese di nuo­vo, lentamente: - Dov?è Giles? Cosa gli avete fatto? -
Il ragazzo terrorizzato indicò una zona periferica.
- Era solo uno svitato, non si è nemmeno ribellato! -
Eudial lo colpì con un pugno e lo lasciò a terra privo di sensi.
Frugò nelle tasche dei teppisti e recuperò un portafogli: era proprio quello di Giles.

Eudial frenò bruscamente, parcheggiando il furgone nel cortile di una fabbrica in disuso. Se il teppi­sta aveva detto la verità, Giles doveva essere vicino.
Il cuore le batteva all'impazzata mentre correva verso i capannoni abbandonati. Ora che era così vici­na a ritrovare l'Osservatore mille paure si affollavano nella sua mente. Era ferito? Cosa gli avevano fatto quei delinquenti? Cosa si era fatto da solo? Sarebbe fuggito di nuovo vedendola? E se lo aves­sero ucciso per rapinarlo?
Il sole era tramontato e Spike si stava dirigendo verso il retro del cortile della fabbrica: in due sa­rebbe stato più facile trovarlo.
Eudial impugnava una torcia con una mano e nell'altra continuava a stringere il portafogli di Giles, l'unico segno di lui da quando era andato via.
Il cortile della fabbrica era pieno di rottami e rifiuti di ogni genere e cercare fra di essi era un lavoro lento ed esasperante. Eudial si infilò a fatica nel varco che restava tra due travi crollate ed entrò all'interno di uno dei magazzini, Spike avrebbe controllato l'esterno. Rimase in silenzio, nella spe­ranza di percepire un indizio della presenza di Giles.
Sentì un debole rumore e si avviò in quella direzione, passando su una passerella arrugginita per attraversare il magazzino, quando i sostegni della passerella cedettero sotto il suo peso facendola precipitare al piano di sotto.
Rotolò di lato e si rialzò immediatamente, illesa a parte qualche livido. Seguì il fascio di luce della torcia che le era caduta di mano e trattenne il respiro: la luce rivelava la sagoma di un corpo immobi­le a pochi metri da lei!
Afferrò la torcia e illuminò il viso dell'uomo steso a terra: Giles. Lo aveva trovato.
- Spike! - Gridò. - Vieni, è qui! -
Toccò il collo di Giles, in cerca del battito cardiaco e si rilassò leggermente sentendo che era vivo. La pelle dell'Osservatore era bollente ed era ferito, ma lo aveva ritrovato!
Eudial si chinò a baciare la fronte di Giles, non osando abbracciarlo per timore di fargli male.
- Sono qui Giles. - Sussurrò. - Ora andrà tutto bene, non temere. -
Spike si affacciò da quello che rimaneva della passerella e saltò giù, atterrando vicino a Eudial e Gi­les.
- Aiutami a portarlo al furgone. È ferito, ma non posso capire quanto gravemente con questo buio, ho bisogno di luce. -
Il vampiro sollevò il corpo dell'Osservatore senza preoccuparsi troppo di essere delicato e uscì dal magazzino, seguito da Eudial. Stese Giles sul materassino che avevano nel retro del furgone e si mise alla guida mentre Eudial si occupava dell'Osservatore.
- Dove andiamo ora? -
- Torniamo dal custode del cimitero. -
Il furgone si mosse ed Eudial esaminò le ferite di Giles. Vedendo i lividi sul volto e sul corpo dell'Os­servatore si sentiva montare dentro una rabbia tremenda e rimpianse di essere stata troppo delicata con quei teppisti. Oltre alle ferite dovute alla rapina, Giles aveva anche un polso molto gonfio, forse fratturato e una febbre altissima. Eudial gli immobilizzò il braccio con una steccatura di fortuna e gli rinfrescò il viso con l'acqua minerale di una bottiglia.

Giles cominciò a riprendere conoscenza, sentendo il tocco di qualcosa di freddo sul viso. Il polso fa­ceva terribilmente male, uno di quei teppisti doveva averglielo ferito ulteriormente quando lo aveva aggredito e si sentiva dolorante in tutto il corpo. Aveva freddo ed era scosso da brividi, ma c'era qualcosa di diverso e si chiese confusamente cosa fosse. Poi si rese conto di non essere più solo. Cercò di aprire gli occhi, ma lo trovò quasi impossibile.
Sentì la carezza rassicurante di una mano sul suo viso e poche parole sussurrate con dolcezza: -Non ti agitare, andrà tutto bene. -
Sfinito, si abbandonò ad esse e sprofondò nuovamente nel sonno.

Eudial fece fermare Spike davanti a un bar e scese per farsi dare altra acqua e del ghiaccio.
Pulì le ferite di Giles e usò il ghiaccio per tentare di abbassargli la febbre e sul polso gonfio. Poi si stese al suo fianco, stringendogli la mano sana.

L'Osservatore si svegliò nuovamente qualche ora più tardi e questa volta riuscì ad aprire gli occhi. Eudial. Il suo viso lo guardava ansiosamente. Giles si sentì invadere dalla gioia nel rivedere la sua Cacciatrice, rivederla era stato il suo unico desiderio da quando l'aveva abbandonata, ma la vista dei lividi sul viso di lei gli fece ricordare il motivo per cui non avrebbe dovuto mai più avvicinarsi a lei.
Voltò la testa di lato e quel semplice movimento minacciò di farlo svenire di nuovo. Sentiva le lacri­me scorrergli sul viso mentre raccoglieva tutte le sue forze per dire solo una parola.
- Vattene. -