4. Falling Into the Darkness

Giles attraversò la biblioteca in cerca di Eudial. Il mal di testa si era attenuato, ma non era svanito del tutto lasciandogli un fastidio latente e uno strano senso di irritazione.
Continuava a pensare a Jenny e una voce in fondo alla mente gli diceva che non avesse dovuto stare dietro alla Cacciatrice non l'avrebbe persa. E non avrebbe perso nemmeno Setsuna.
Scacciò quei pensieri assurdi, ma sentiva che erano lì, annidati in fondo al suo inconscio.
Scorse Eudial e Spike in una saletta seminascosta: il vampiro era avvinghiato alla ragazza e la mordeva sul collo. L'Osservatore li separò con uno scossone.
- Piantatela. - Disse bruscamente. - C'è del lavoro da fare. -
Spike fece per protestare, ma Eudial lo fermò con un cenno. Anche lei era stupita dal comporta­mento di Giles, ma non ci diede molto peso. Sapeva che all'Osservatore dava fastidio vedere Spike che la mordeva, ma non era mai stato così brusco. Forse aveva ancora mal di testa, si disse.
Seguì Giles nella sala principale, ma Spike preferì tornare ad esplorare i cunicoli.
-Va meglio ora? -
Giles le rivolse un sorriso gentile.
- Si, molto, grazie. -
Finirono di consultare i libri senza troppi risultati e si diressero verso il cimitero per cercare di capire cosa fosse successo a Eudial il giorno prima.
Prima di visitare il punto dove la ragazza era stata colta dal terrore, Giles la condusse verso la casa del custode e bussò alla porta.
Il vecchietto aprì e gli gettò uno sguardo scontroso, poi riconoscendolo gli fece un mezzo sorriso.
- Ah, è di nuovo lei. -
- Si, volevo presentarle mia figlia. -
Eudial lo guardò stupita: era la prima volta che Giles si riferiva a lei in quel modo, anche se lei stessa ormai lo considerava un padre.
Il guardiano si fece da parte per farli entrare.
Eudial emise un gridolino vedendo uno dei gatti neri del custode e allungò una mano per chiamarlo. L'animale si avvicinò facendo le fusa e subito dopo anche gli altri gatti iniziarono ad apparire e ad avvicinarsi alla ragazza fino a che Eudial non fu circondata da tutti i cinquanta gatti che facevano a gara per strusciarsi sulle sue gambe in cerca di carezze.
Il custode del cimitero la fissò a occhi spalancati, poi guardò Giles esterrefatto.
- Si, Eudial ha un dono particolare con gli animali. - Ammise l'Osservatore con un sorriso.
- Si vede che sua figlia è una brava ragazza, i gatti se ne accorgerebbero sennò. -
Giles lo guardò stupito.
- Mia figlia? -
- Certo, me lo ha detto lei cinque minuti fa che è sua figlia no? -
L'Osservatore si rese conto che il custode aveva ragione, ma non si era nemmeno accorto di aver mentito.
- Si si, scusi ero sovrappensiero. -
Eudial guardò Giles, quella mattina gli sembrava un po' strano.
- Ora dobbiamo andare. - Disse, salutando il vecchietto con un sorriso. - Sono molto contenta di averla conosciuta. -
- Aspetti, signorina, - disse il custode porgendole uno dei gatti che era rimasto ai piedi di Eudial anche dopo che gli altri si erano allontanati - lo vuole? Non l'ho mai visto avvicinarsi tanto a qualcu­no, non si fida molto nemmeno di me. -
La ragazza prese in braccio il gatto e guardò Giles.
- Posso tenerlo? Ti prego. - Chiese con una voce quasi infantile.
L'Osservatore le sorrise annuendo.
Eudial lo ringraziò felice e poi si rivolse al vecchietto.
- Ma non le mancherà? -
- Si, ma mi sembra più felice con lei di quanto non lo sia mai stato qui. Lo tratti bene. E non lasci che suo padre vada in giro per cimiteri la notte. -
- Lo farò, grazie! -

Eudial mostrò a Giles il punto in cui si trovava quando era stata presa dalla paura il giorno prima. Era molto vicino al punto in cui avevano abbattuto il demone.
- Non succede nulla. - Disse la ragazza carezzando il pelo morbido del gatto che si era sistemato sulla sua spalla sinistra.
- Forse non c'è nessun collegamento col cimitero. Forse eri solo stanca. -
Eudial annuì.
- È possibile. Però è strano, mi sento bene. -
Uscirono dal cimitero e Giles notò la casa abbandonata di cui gli aveva parlato il vecchietto la sera prima. Si fermò a guardare l'edificio come affascinato, mentre Eudial al suo fianco continuava a parlargli del gatto.
-...come pensi che potrei chiamarlo? Ma intanto sarà maschio o femmina, il guardiano non me lo ha detto... -
L'Osservatore si girò verso di lei rabbiosamente.
- Stai zitta! - Gridò. - Smettila di parlare di sciocchezze! -
Eudial arretrò, spaventata e il gatto soffiò.
Giles sembrò stupito dalla sua stessa reazione.
- Scusa. Non so cosa mi abbia preso. - Tolse gli occhiali e si massaggiò gli occhi. - Forse ho bevuto davvero troppo stanotte. -
- È una bella casa. - Commentò Eudial. - Ha un aspetto familiare, però non so perché, ma un po' mi fa paura. -
Giles mosse un passo verso la villa.
- Vieni, andiamo a dare un'occhiata. -
Eudial esitò un attimo prima di seguirlo, quel posto la spaventava, poi si ricordò delle parole che Gi­les aveva usato per rassicurarla e lo seguì, fiduciosa.
L'Osservatore attraversò il giardino e staccò le assi marce che chiudevano una finestra.
- Ma non è illegale? -
- Non ti preoccupare, voglio solo vedere l'interno. È abbandonata, non verrà nessuno. -
Scavalcò il davanzale e aiutò Eudial a fare altrettanto.
La casa doveva essere stata molto lussuosa un tempo, ma era in uno stato di abbandono che la rendeva spettrale.
Giles continuava a non sentirsi del tutto bene e, da quando aveva messo piede in quella casa, il suo malessere si era intensificato. Si sentiva leggermente stordito, come se una voce continuasse a sussurrare ininterrottamente nella sua testa e quel sussurrio lo rendeva irritabile e nervoso.
Il viso di Jenny Calendar continuava ad apparirgli davanti agli occhi e a volte si trasformava in quello di Setsuna o in quello di una sconosciuta dai capelli neri.
Sapeva solo di aver perso per sempre quella donna. O quelle donne? Erano più d'una?
Eudial si aggrappò alla mano di Giles con aria smarrita.
- Ho paura papà. - Disse con una voce acuta e spezzata dal pianto.
Giles si girò di scatto e la colpì con uno schiaffo al viso.
- Piantala, Lili! - Gridò, fissandola con occhi pieni di un rancore gelido. - Lo sai che non sopporto i tuoi piagnucolii. -
Eudial scoppiò in lacrime. Non riusciva a capire il motivo di quello schiaffo, si sentiva confusa e spa­ventata.
Giles l'aveva chiamata Lili e per un attimo quel nome le era sembrato strano, poi si era ricordata che quello era il suo nome. Lei era Lili e aveva sei anni.

Giles chiuse gli occhi, coprendosi il viso con le mani. La testa gli faceva male e gli rendeva difficile pensare. Aveva colpito Eudial? No. Chi era Eudial? Davanti a lui c'era solo Lili, sua figlia, quella bambina che aveva iniziato a odiare. Era colpa sua se Marianne era morta. Si, doveva essere colpa sua. Da quando aveva partorito, la salute di sua moglie, la sua dolce Marianne, la sua unica ragione di vita, si era deteriorata irrimediabilmente. Era morta pochi anni dopo e lui era rimasto con quella bambina indesiderata, quell'essere ripugnante che aveva risucchiato la salute di Marianne insieme al latte di cui si nutriva.

Lili amava suo padre, non poteva fare altrimenti. Era l'unico genitore che le fosse rimasto e lei lo amava, anche se i colpi che le dava le facevano male e le sue grida la terrorizzavano. Era colpa sua, le gridava il padre, solo sua se la mamma era morta. Meritava le botte che lui le dava e si sentiva una bambina cattiva perché quando lui la picchiava lei si ribellava e piangeva.

Perchè la testa gli faceva tanto male? Giles vedeva confusamente la persona davanti a lui. In un mo­mento di lucidità riconobbe il viso di Eudial, poi i lineamenti di lei sfumarono in quelli di una bambi­na, una bambina così simile a Marianne. O era davvero Marianne quella che lo fissava in quel modo? Si, si disse, doveva essere lei, desiderava con tutte le forze che fosse lei.
Protese una mano ad afferrarla e la strinse tra le braccia senza permetterle di muoversi. La baciò sulla bocca con violenza, per poi colpirla di nuovo sul viso quando si accorse che lei tentava di liberarsi.
Eudial lo spinse indietro, piangendo forte e tentò di scappare, ma Giles la afferrò per una caviglia, fa­cendola cadere a terra pesantemente.
- Papà, smettila ti prego! - Singhiozzò tentando di sfuggire alla presa delle sue mani. - Ho paura, ti prego, papà! -
Giles le fu addosso e lacerò la stoffa leggera della camicetta di lei, la baciò di nuovo e nuovamente la ragazza si divincolò, riuscendo ad arretrare di qualche metro. Poi qualcuno si mise in mezzo, impe­dendo a Giles di avventarsi nuovamente su di lei.

Spike era allibito: l'Osservatore si stava comportando come un pazzo. Lo aveva minacciato di morte se avesse fatto del male a Eudial e ora stava tentando lui stesso di violentarla!
- Sei impazzito, per caso?! Che stai facendo?! Lasciala stare immediatamente, lei è mia! Solo io pos­so farle del male! -

Giles fissò con odio lo straniero che si era intromesso tra lui e Marianne, senza riconoscere il vampi­ro. Nessuno, si disse, nessuno avrebbe potuto togliergli di nuovo Marianne. La sua mano incontrò il pugnale che aveva in tasca e lo estrasse, attaccando all'improvviso il vampiro. Aveva mirato al cuore, ma Spike si mosse per evitare l'attacco e il coltello affondò nel petto del vampiro, a pochi centimetri dal cuore. Giles girò il coltello nella ferita e il vampiro si accasciò a terra contorcendosi per il dolore. L'Osservatore lo colpì con una serie di calci al viso, poi tornò a inseguire Eudial, che nel frattempo aveva tentato di fuggire.
La raggiunse nello scantinato della casa, mentre cercava di spostare una lastra di pietra del muro e la sbattè contro la parete con rabbia.
Le grida irritanti della bambina riempivano la stanza e il suo viso sembrava alternarsi a quello di Ma­rianne e, sempre più raramente, a quello di una sconosciuta dai capelli rossi.
Colpì più volte la ragazza con schiaffi e pugni, poi le strinse le mani intorno al collo, nel tentativo di fermare quel pianto che gli trapanava il cervello.

Perchè il suo papà le faceva tanto male? Perchè non le voleva bene? Lili si sentiva soffocare. Aveva paura, come era possibile avere il terrore della persona a cui voleva più bene? Il ricordo di parole rassicuranti le risuonava in mente, ma chi le aveva pronunciate? Era stato il suo papà a giurare di proteggerla ad ogni costo? No, non era stato lui, lui la picchiava.
Giles.
Quel nome le si formò in mente all'improvviso.
Ed Eudial lo gridò con le ultime forze che le rimanevano.

Giles strinse le mani intorno al collo di Lili, quella bambina continuava a gridare una parola che lo fa­ceva sentire a disagio, un nome che gli suonava familiare e che lo faceva esitare.
Giles. Chi era Giles? Perchè Lili continuava a chiamare quel nome? Ma era Lili quella?
Si sentiva diviso in due: una voce gli intimava di farla finita e ucciderla in fretta, mentre un'altra gli faceva provare ripugnanza per quello che stava facendo.
- Ti prego, Giles! - Ansimò Eudial cercando di respirare. - Giles, aiutami! -
Improvvisamente fu tutto chiaro. Il viso di Lili e quello di Marianne si dissolsero davanti ai suoi occhi e rimase solo Eudial.
Cosa stava facendo? Allontanò di scatto le mani dal collo di lei e balzò indietro staccandosi da lei. La ragazza rimase a terra, respirando affannosamente. Con un solo sguardo Giles vide i lividi e le ferite sul suo viso, la camicetta lacerata che rivelava altri segni scuri sulla pelle chiara di Eudial. Cosa le aveva fatto? Era stato lui. L'aveva picchiata fin quasi ad ucciderla. L'aveva quasi violentata. Non riu­sciva a crederci, eppure lo aveva fatto. Eudial. La persona più importante della sua vita, la sua Cacciatrice. E l'aveva quasi uccisa. L'orrore lo invase.
Con un gemito si allontanò ancora di più da lei, arretrando fino alla porta. Avrebbe dovuto aiutarla, cercare di rimediare a quello che aveva fatto, ma non osava toccarla. Le voltò le spalle e corse via quasi alla cieca.