2. Fear

Eudial appoggiò sul tavolo un grosso volume che non doveva essere stato consultato da secoli a giu­dicare dalla nuvola di polvere che aveva sprigionato.
- Questo è l'ultimo. - Disse aprendo il libro alla prima pagina. - Hmm... Latino. Dovresti insegnarme­lo, potrei aiutarti a fare questo tipo di ricerca. -
- Perchè no? Non credevo ti interessasse. -
- Non mi sembra giusto che sia tu a fare tutto il lavoro di ricerca. Oggi sono stata utile solo a tirare giù i libri dagli scaffali. -
- E ti pare poco? - Sorrise Giles.
Sfilò gli occhiali e si strofinò gli occhi per qualche istante.
- Sei stanco? -
Giles soffocò uno sbadiglio.
- Un po'. Che ore sono? -
- L'ora di pranzo è passata da un pezzo. Perchè non torni in albergo? Io vado a prendere qualche pa­nino e ti raggiungo. -
L'Osservatore richiuse il libro e si alzò in piedi.
- Va bene, mi hai convinto. Tanto i libri non scappano. -

Giles si stese sul letto e aspettò il ritorno di Eudial dormicchiando. La ragazza aveva ragione, si sentiva stanco. Anche lei avrebbe avuto bisogno di riposare dopo la caccia ai vampiri della notte pre­cedente. Per un attimo si sentì in colpa per averla lasciata andare a prendere i panini da sola, poi si riaddormentò.
Si svegliò all'improvviso qualche ora dopo, destato dal rumore di una porta che si chiudeva.
Guardò l'orologio e si rese conto che doveva essere pomeriggio inoltrato: dov'era Eudial? Perchè non lo aveva svegliato?
Bussò alla porta che divideva la sua stanza da quella della ragazza senza ricevere nessuna risposta, allora abbassò lentamente la maniglia ed entrò.
Inizialmente la stanza gli sembrò vuota, poi un lieve singhiozzo lo fece correre verso un angolo in penombra.
Eudial era lì in terra, con la schiena appoggiata alla porta e piangeva in silenzio, sembrava sconvolta.
L'Osservatore si inginocchiò a terra accanto a lei e la prese fra le braccia, preoccupato.
La ragazza si aggrappò alla sua camicia come a cercare rifugio e Giles le carezzò delicatamente la schiena, cercando di consolarla.
- Cosa ti è successo? - Le chiese con dolcezza. - Sei ferita? -
Eudial scosse la testa debolmente.
- Non è niente, Giles, scusami. - sussurrò con una voce talmente esile che l'Osservatore la udiva appena. - Ti prego, restiamo un po' così. -
Giles la tenne stretta in silenzio, sperando che gli dicesse cosa le fosse successo, ma lei si limitò ad abbracciarlo quasi disperatamente.

Spike vagò a lungo nel sottosuolo, esplorando la rete di antichi cunicoli che si stendeva sotto la città: aveva già trovato due o tre uscite che portavano ai sotterranei di edifici antichi e non dubitava che ce ne fossero anche altre. Continuò la sua esplorazione, ben contento di non essere costretto a restare rinchiuso per ore nella piccola cripta.

Eudial si sciacquò il viso con l'acqua fredda e lo asciugò tamponandosi gli occhi arrossati con l'asciu­gamano.
- Scusami. Non so cosa mi abbia preso. -
Sedette sul letto e Giles la imitò sedendo al suo fianco.
La aveva tenuta stretta finché non aveva smesso di tremare e le lacrime si erano asciugate, cercando di non mostrarsi troppo preoccupato.
- Come ti senti ora? -
Eudial lo abbracciò con gratitudine.
- Meglio, grazie. -
- Ma cosa è successo? Qualcuno ti ha fatto del male? -
La ragazza scosse la testa.
- No. Non è quello... -
-Cosa allora? È stato Spike? Se è lui che ti fa soffrire, giuro che gli pianto un paletto nel cuore con le mie mani! -
- No, no! Spike non ha fatto nulla, te lo assicuro. Non lo so cosa mi sia successo, è stato strano... -
- In che senso strano? -
- Mentre andavo a prendere i panini, sono passata davanti a un macellaio e mi è venuto in mente che Spike doveva avere fame. Allora ho comprato del sangue e sono andata a portarglielo al cimitero, ma non l'ho trovato. -
- Come no? Non può' essere andato da nessuna parte di giorno. -
- Forse dormiva, ma Spike non c'entra. Gli ho lasciato il sangue in una cripta e sono andata via. Mentre uscivo dal cimitero è successo... -
Rabbrividì e Giles la strinse leggermente per incoraggiarla.
- Cosa è successo? -
- Non lo so esattamente... All'improvviso mi sono sentita terribilmente sola e spaventata a morte, senza nessun motivo valido. Ho corso fino alla camera e sono rimasta lì al buio finché non sei arri­vato tu. Avevo tanta paura anche se non sapevo di cosa. Era una sensazione orribile. Non riuscivo a pensare, non potevo
fare altro che piangere. -
- Puoi mostrarmi il punto in cui hai provato quel terrore? -
Eudial lo guardò con aria smarrita.
- Non oggi, ti prego. Non sopporto l'idea che possa succedermi ancora. -
- Certo, non preoccuparti. Quando te la senti. Hai fame? Vuoi andare a mangiare qualcosa? -
- I panini! Me ne ero completamente dimenticata! Ti ho lasciato senza pranzo, mi dispiace... -
- Non importa, davvero, mi ero addormentato. Vieni, andiamo a prendere qualcosa per cena. Sta­notte lasceremo perdere la caccia, hai bisogno di riposare. -
Vedendo l'esitazione della ragazza, le porse la mano parlandole in tono rassicurante.
- Io sono qui. Ti proteggerò da qualunque cosa voglia farti del male. -
Eudial gli strinse la mano e lo abbracciò d'impulso.
- Giles, sei il miglior Osservatore del mondo! -

Spike uscì dal tunnel nella cripta da cui era partito e notò con sollievo che il sole era tramontato. Notò nell'angolo vicino alla porta una borsa termica con sopra un biglietto di Eudial. Affamato, aprì in fretta i contenitori del sangue e bevve in fretta. Lesse il biglietto, sorridendo: quella ragazza riusci­va sempre a sorprenderlo. Era capace di prenderlo a calci in faccia un momento e poi lasciargli bere il suo sangue l'attimo dopo; lo insultava, minacciava di ucciderlo, ma poi si preoccupava per lui.
Dirigendosi verso l'uscita del cimitero si fermò a prendere un crisantemo ancora fresco da una tomba, poi si incamminò verso l'albergo.

Il vampiro bussò rumorosamente alla finestra della camera di Eudial e Giles gli fece segno di fare si­lenzio. Liberò cautamente la sua mano da quella di Eudial e fece entrare Spike.
Il vampiro lo guardò sospettoso.
- Che succede, Osservatore? -
Giles guardò preoccupato la ragazza addormentata e si fece seguire da Spike nella camera accanto. Parlando a bassa voce per non svegliare Eudial, raccontò al vampiro cosa fosse successo.
Spike lo guardò, dubbioso. Quello raccontato dall'Osservatore era un fatto insolito: aveva visto Eu­dial affrontare un demone enorme che aveva quasi spaventato lo stesso Spike, non poteva credere che la Cacciatrice potesse passare un pomeriggio in lacrime senza nessun motivo.
- Eppure è così. - Disse Giles. - Mi ha fatto preoccupare moltissimo, non l'avevo mai vista in quello stato. Neanche lei sa spiegarselo. Forse è colpa mia, l'ho fatta stancare troppo ultimamente. -
- Sciocchezze! Ieri stava benissimo. Non osare insultarla in questo modo, Osservatore, - ringhiò mi­naccioso ? Eudial non è una che si lascia abbattere da un po' di fatica. L'unica volta che l'ho vista piangere è stato per colpa tua, ricordatelo! Chi mi dice che non sia stato tu anche questa volta?! -
Giles fissò Spike, stupefatto per quello che gli stava dicendo. Non lo aveva mai sentito difendere qualcuno con tanta forza. Anzi, non lo aveva mai sentito difendere qualcuno.
Il vampiro si interruppe imbarazzato, intuendo i pensieri di Giles e gli volse le spalle.
- Hai detto che è successo al cimitero? -
L'Osservatore represse un mezzo sorriso nel vedere il tentativo del vampiro di cambiare discorso.
- Si, domani mi farà vedere il punto esatto. Tu hai notato niente di strano da quelle parti? -
- Roba tipo vampiri, demoni, mostri strani intendi? -
- Esatto. -
- A parte me, no. -
Giles si infilò in tasca una torcia elettrica e prese un pugnale.
- Resta con lei, Spike. Voglio controllare quel cimitero. -
- Che succede, ora ti fidi di me? -
- No. Ma se le succede qualcosa, qualsiasi cosa, ti ammazzo con le mie mani. Nel modo più doloroso che riuscirò a immaginare. -
L'Osservatore uscì lasciandolo solo e Spike tornò nella stanza di Eudial.
La ragazza dormiva profondamente: era pallida e sembrava esausta. La luce dei lampioni che filtrava dalle strisce della tapparella le proiettava sul viso ombre scure che sembravano quasi lividi.
Spike la osservò preoccupato, decisamente non aveva un bell'aspetto. Depose il crisantemo che ave­va rubato al cimitero sul cuscino accanto a lei e poi si stese anche lui sul letto, a fianco della ragazza.